Roberto Bruno: i giorni del futuro presente
Plan X Art Gallery ha inaugurato la nuova stagione espositiva con la mostra
collettiva Days of Future Present che presenta una selezione di lavori di
Thomas Webb, Carter Flachbarth, Aleksandar Todorovic, Roberto Bruno,
Andreas Stylianou, CB Hoyo e Igor Dobrowolski.
Con una selezione di opere realizzate tramite molteplici tecniche
espressive, tra cui dipinti, neon e installazioni video interattive, Days Of
Future Present vuole esplorare l'impatto che la tecnologia ha nella società
odierna: cos'è veramente e dove potrebbe portarci?
Mentre ci avventuriamo verso l'ignoto in tempi di ossessione dalla
tecnologia, è perciò lecito chiedersi come sarà il nostro futuro. E,
soprattutto, stiamo già vivendo i giorni del futuro presente?
Tra i vari artisti, ci ha incuriosito Roberto Bruno per le sue opere che
chiedono di essere affrontate. Con il suo primo progetto al pubblico, ha
infatti restituito lavori interessanti e maturi - i feedback entusiasti lo
confermano - non autoreferenziali, ma biografici. A sorprendere, poi, è la
scelta di una cornice continua, come proseguimento dell’opera. Il mondo
che ha inserito nello schermo, prova quindi a uscire, creando molteplici
piani espressivi che si sovrappongono. È un modo per proseguire il flusso e
restituire quel senso di infinito che l’artista voleva ricercare. Lo abbiamo
intervistato.
L’abstract della mostra parla della tecnologia come di qualcosa che
non solo accade, ma che decidiamo. Ti rivedi in questa affermazione?
Com’è iniziato il tuo rapporto con la tecnologia? E ancora, prima da
artista o da creativo (con richieste da clienti)?
Forse è la mia parola preferita. Ritorna in tutte le opere. Quindi inizio così:
forse entrambe le affermazioni sono vere. La tecnologia è qualcosa che
accade mentre la fai accadere. Sono un nerd. Meglio. Sono anche un nerd.
Il mio rapporto con la tecnologia è nato fin da adolescente con l’uscita
delle prime console, Spectrum, Atari, Commodore, Amiga, Sega. Ma la
relazione fatta di alti e bassi, come un vero amore che si rispetti, è nata a 18
anni. Era il 1998 e uscirono i primi CD per collegarsi ad internet. Capii subito
che era la mia strada. Un mondo nuovo tutto da esplorare senza codici,
linguaggi e, soprattutto, stereotipi e classificazioni. Un mondo per un
ragazzo appena maggiorenne apparentemente libero e incontaminato. Ho
vinto un master al Politecnico e prima di finirlo già lavoravo, così è stato
fino ad ora. Oggi ho fondato semprebello.studio: una nuova sfida e, mi
auguro, un concept innovativo slegato da vecchie e superate logiche di
agenzia pubblicitaria.
Le tue installazioni video trasmettono molta intensità. C’è molta
autobiografia in queste opere? Che riferimenti hanno gli oggetti,
talvolta deformati e altre replicati?
Tutto è autobiografico. Profondamente. Intensamente. Delicatamente,
autobiografico. Queste opere nascono in un momento molto particolare
della mia vita e in queste parlo di essermi preso una pausa da me stesso ad
agosto. È andata proprio così, sono andato in una profonda apnea dove
sono stato costretto ad affrontare le mie angosce e paure e, forse, a cercare
di superare non so cosa, ma sicuramente affrontare i miei limiti.
Tutti gli elementi dell’opera è come se fossero degli esseri portatori di
un'esperienza estrema e da qui la loro deformazione e moltiplicazione.
Sono testimoni di un mondo surreale a cui cercano continuamente di dare
un senso. Questo sfocia nello stracciamento e sfugge in modo infinito,
diventando infinito anche nel linguaggio. Per questo l’opera è un loop
continuo senza inizio né fine. Questo trattamento e questa manipolazione
delle immagini è la mia volontà personale di superare una certa
frustrazione dell’immagine per dare vita a un immaginario poeticamente
personale.
I testi sono una componente potente del tuo lavoro, tanto da uscire dal
video e rendere la cornice stessa opera d’arte, o quantomeno, altra
superficie su cui comunicare. Come nasce questo flusso? Ti
appartiene? Leggerlo - anche da casa - è immersivo. Ci ha ricordato la
poesia libera di Whitman, se non certi dialoghi crudi di Hemingway, o
anche delle performance di #PUNK. Abbiamo letto troppo durante la
quarantena o qualche collegamento effettivamente c’è?
Il flusso nasce, forse, dal bere troppo latte d’asina. Oppure dal caso. Anche
se, in realtà, sia la mia astrologa che cartomante non concorderebbero con
quest’ultima affermazione. Ad agosto, infatti, avevo tutti i pianeti contro
un altro mese e così mi ricapiterà solo tra 512 anni. Comunque, i testi mi
appartengono come la pasta al pesto. Sono dialoghi tra me e me, ma non
solo. Sono anche domande che pongo all’esterno e che possono essere
interiorizzate da tutti. Sono laureato in Lettere Moderne, indirizzo Storia del
Teatro e dello Spettacolo, e spero che in questi testi emergano i miei
riferimenti letterari, che non sono pochi. Sicuramente il percorso inizia da
Whitman attraversando il mondo beat, ma anche Henry Miller e John
Fante finendo a Beckett.
Pensiamo che l’invito a toccare lo schermo - TOUCH ME - sia perfetto di
questi tempi. Una scelta maturata fin dall’inizio o in seguito all’emergenza Covid?
A volte bisogna toccare, perché le cose succedano. Si tratta quindi di
affrontare e scegliere di farlo, tra l’altro il tema di APN1. Fallire ancora, fallire
meglio. Affrontare quello che all’esterno è negativo e che, in realtà, non lo
è, perché può portarti ad altre strade. Comunque sia, temevo anche la
gente non pensasse ci fosse altro, oltre al testo che scorreva. Da qui la
mano, e che mano! Con la scritta TOUCH ME. Una mano in fiamme!
Una componente - perdona se non diciamo correttamente - magica. È
così?
Si è un riferimento voluto a un mondo che amo profondamente. Dirò di
più: vorrei fare il mago perché amo quel mondo in cui tutto è possibile.
Quello che mi piace della magia, forse, è proprio questo concedermi a lei e
a un universo altro, in cui tutto può accadere. Una donna può essere divisa
in due, ma rimanere con un sorriso stampato in bocca. Magia.
Stiamo già vivendo i giorni del futuro presente?
Nelle mie opere spero di sì, anche se sono per loro natura eteree e cercano
di sfuggire a qualsiasi logica temporale. Vivono, infatti, in una concezione
spazio-tempo che neanche io conosco. Un aspetto però sicuramente
interessante è che l’opera è anche il suo dominio. Ovvero, se compri APN1,
o APN2 e APN3 - acronimo di artpiecenumerone -, compri anche il
dominio www.artpiecenumberone.com che ti dà la garanzia a vita
dell’unicità dell’opera. Inoltre, l’opera può - se mi va - variare come varia la
mia vita. Insomma, può essere una continua sorpresa proprio come la
scatola di cioccolatini di Forrest Gump. Forse.
Days of Future Present ha inaugurato il 17 settembre e resterà in mostra
fino al 28 presso Indigo Hotel Milano, in Corso Monforte 27. Continuerà poi,
solo su appuntamento, fino al 16 ottobre nella sede della galleria, in Viale
Bianca Maria 45.
E, forse - ma questa volta lo diciamo noi - dopo questa chiacchierata
saremo pronti per vivere, o anzi affrontare, questi nostri giorni del futuro
presente.
Informazioni
18 - 28 settembre
Tutti I giorni dale 10 alle 21
HOTEL INDIGO MILAN
Corso Monforte 27, 20122 Milano, Italia
29 settembre – 16 ottobre
Dal martedì al venerdì, dalle 10 alle 18
PLAN X ART GALLERY
Viale Bianca Maria 45, 20122 Milano, Italia