Il cappello e l'impermeabile
In varie occasioni i critici e il regista stesso hanno puntato l’attenzione sul feticismo riguardo l’abbigliamento dei suoi eroi. Per Melville la scelta dei vestiti della star era un lavoro che gli spettava in prima persona e doveva essere compiuto con un’attenzione quasi religiosa:
“(…) Le vêtement de l’homme a dans mes films une importance capitale (…) Le héros de mes films noirs est toujours un héros armé. Il a toujours un revolver. Un homme armé c’est presque déjà un soldat, ça porte un uniforme. Un homme armé est très différent des autres hommes et je vous assure que c’est un homme qui a tendance à porter un chapeau. Là, je parle pour le cinéma, mais un homme qui tire un coup de feu avec un chapeau sur la tête est bien plus impressionnant qu’un homme nu-tête. Le port du chapeau équilibre un peu le revolver au bout de la main. Cela fait partie de l’uniforme(…)”
Treanchcoat e cappello sono i complementi indispensabili per un eroe del noir che si rispetti, ma come è stato già spiegato precedentemente, se per il noir americano erano dei semplici cliché da riutilizzare in uno sterile riconoscimento dei ruoli, nel noir dei Melville assumono un significato molto più profondo.
Si è usato (come fa anche il regista) il termine uniforme, individuando negli accessori sopraccitati la legittimazione e l’attribuzione delle competenze necessarie affinché l’uomo melvilliano possa essere considerato quel superuomo disincarnato e invincibile. Jef e Silien se ne separano soltanto in rari casi, Maurice e gli altri personaggi appartenenti alla sua categoria alternano volontariamente questa uniforme con altri indumenti, rendendone ancora più evidente l’importanza simbolica. Già perché nel momento in cui l’eroe è costretto a sostituire uno di questi due accessori, generalmente l’impermeabile, cominciamo a intravedere i primi segni di quella rovina che sta per abbattersi su di loro simboleggiata ad esempio da quel foro provocato nel tessuto dalla pallottola che ferisce Jef. Questi dopo essere stato ferito è costretto a sostituire l’impermeabile con un cappotto scuro, dando inizio alla seconda parte del film caratterizzata da una serie di eventi che lo guideranno al suicidio. Se indossando la sua uniforme era riuscito a placare quel conflitto fra interiorità ed esteriorità, che si era manifestato soltanto nel suo appartamento, proprio dopo questa sostituzione Jef si lascia andare a manifestazioni di quell’interiorità che è diventata per lui incontenibile. Anche per Silien accade qualcosa di analogo: la sostituzione dell’impermeabile con il cappotto avviene apparentemente senza un motivo preciso, ma in realtà avverte lo spettatore che di lì a poco si consumeranno due degli eventi che causeranno la sua sconfitta, e cioè l’incontro con Clain e il successivo arresto di Maurice (che proprio in prigione decreterà la morte dell’amico). Sia Jef sia Silien non sostituiscono mai il loro cappello, per il quale lo stesso regista ha una venerazione al limite dell’ossessivo. Prove ne sono i piani di entrambi i film in cui questo accessorio è assoluto protagonista. Ad esempio in Le Samouraï il momento in cui Jef posa il cappello sulla sua testa, è sottolineato da un trillo nella colonna sonora. L’eroe melvilliano indossa il simbolo del suo assoluto potere, la sua corona. Lo stesso vale per Silien che nell’ultima sequenza, analizzata in uno dei paragrafi precedenti, cerca in fin di vita di riaffermare quel potere, proprio riaggiustando sul capo il suo simbolo. Ma ci sono altri due momenti che entrambi gli eroi vivono nel rapporto con il loro cappello: è il momento in cui devono consegnarlo al guardaroba del Martey’s e del Cotton Club. Melville si sofferma con lunghi dettagli sul cappello posato sul bancone. In realtà nel caso di Silien segue il lento passaggio dalle mani del personaggio al bancone sino alle mani della guardarobiera che lo ripone su una mensola. Entrambi sembra che stiano maneggiando un oggetto sacro per la delicatezza con cui lo stringono fra le dita. Melville continua a soffermarsi su questo cappello e sul numero tredici inserito nella sua fascia, anche dopo che Silien si è allontanato, fornendoci un indizio della sfortuna che può abbattersi su chi decide di poter fare affidamento sulle proprie forze, spogliandosi della sua corazza.
Jef invece, si dividerà dal suo cappello soltanto perché cosciente che nessuna uniforme potrà più proteggerlo da quello che sta per avvenire, la sua morte.
Impermeabile e cappello assumono però anche un altro importante funzione che è quella di indizio e strumento attraverso il quale il regista compie quel continuo scambio di ruoli necessario a spiazzare e depistare lo spettatore. In entrambi i film infatti questa uniforme identifica e rende anonimi allo stesso tempo. Jef la utilizza per rendersi inconfondibile agli occhi di Wiener e anonimo agli occhi dei testimoni del Martey’s e della polizia. Un abbigliamento così comune e adottato dagli stessi poliziotti può confondere chiunque, tant’è che i testimoni non saranno più sicuri di ciò che hanno visto. In effetti le uniche indicazioni dell’assassino che il commissario fornisce al suo interlocutore sono:
“(…) On croît que l’assassin était grand, jeune en imperméable et chapeau(…) Que tous les commissariat me fournissent au moins vingt coupables possibles (…)”
Informazioni così vaghe da portare la persona all’altro capo del telefono a protestare suscitando una reazione del tipo:
“(…)Oui, ça fera quatre cents et alors!(…)”
Jef ovviamente aveva previsto che il suo abbigliamento avrebbe portato a questo e ne avrà la prova durante il line up, quando si renderà conto che le uniche discriminanti usate dalla polizia non saranno né l’età né l’altezza, ma proprio il cappello e l’impermeabile.
Per quanto riguarda Le Doulos il gioco attuato dal regista è lo stesso: le silhouette, i contorni delle persone si confondono in un continuo gioco di scambi, non soltanto fra Silien e Maurice, ma anche ad esempio fra Silien e Jean. Maurice consegna ad Anita la mappa per raggiungere il luogo in cui ha nascosto i gioielli, raccomandandosi che non vada in altre mani. Qualche sequenza dopo, vediamo un uomo in impermeabile che si avvicina a quel lampione indicato dalla cartina. Viene subito da pensare che quell’uomo sia Jean, cui è stata consegnata la cartina, o addirittura lo stesso Maurice, uscito di prigione. Invece con nostra grande sorpresa, dopo pochi istanti scopriamo che quell’uomo è Silien.
Ancora verso la fine del film un frammento d’impermeabile sarà per la polizia la prova del coinvolgimento di Jean nell’omicidio di Thérèse. Insomma che sia una prova incriminante o prova scagionante, un indizio o una corazza, l’uniforme dell’eroe si trasforma essa stessa in un’eroina il cui maggior merito è quello di aver dimostrato l’impossibilità di distinguere i due mondi, quello del crimine e quello della polizia, i quali sono tanto necessari l’uno all’altro da finire per mettere in atto le stesse strategie, rendendo impossibile la distinzione fra bene e male.
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