Dossier:

Federico Fellini: Oltre l'estetica neorealista di Giovanni

I Vitelloni (1953)
1 Parte - 2 Parte - 3 Parte - 4 Parte - 5 Parte

4.1   "Los inutiles"

I Vitelloni sono giovani di famiglie borghesi che passano la loro giornata nell'ozio più completo, sognando amori e avventure. Tali sono, in una piccola città di provincia che somiglia tanto a Rimini, cinque amici: Alberto (Alberto Sordi), Moraldo (Franco Interlenghi), Fausto (Franco Fabrizi), Leopoldo (Leopoldo Trieste) e Riccardo (Riccardo Fellini). Fausto ha una relazione con la sorella di Moraldo, Sandra, e la mette incinta. Costretto dal padre ad assumersi le sue responsabilità, Fausto accetta il matrimonio che si presenta fin dall'inizio molto fragile.
Durante il viaggio di nozze vengono mostrati gli altri protagonisti della vicenda. Leopoldo vuole fare lo scrittore, ma si fa facilmente distrarre dalla servetta del palazzo accanto. Alberto vive con la madre e la sorella che intrattiene un rapporto con un uomo sposato. Riccardo spreca la sua bella voce tenorile. Moraldo, infine, avverte il disagio della sua condizione e trova conforto nell'amicizia con un ragazzino 14enne che incontra all'alba mentre questi si reca alla stazione dei treni dove lavora. Fausto, ritornato dalla luna di miele, si impiega presso il negozio di un antiquario e intanto continua a ricercare avventure galanti.
Al veglione di carnevale Alberto si ubriaca e viene accompagnato da Moraldo a casa. I due giungono nell'istante in cui la sorella di Alberto parte per andare a vivere con il suo uomo che è però sposato.
Fausto non smentisce la sua fama  e cerca di approfittare della moglie dell'antiquario. La donna, però, oltre a rifiutarlo, racconta tutto al marito che licenzia su due piedi il giovanotto. Questi vuole vendicarsi e convince Moraldo con una bugia a rubare la statua di un angelo che giace invenduto nel magazzino del negozio d'antiquariato. Dopo alcuni vani tentativi di vendere la statua, i due la affidano a Giudizio, il matto del paese. Scoperti dalla polizia vengono salvati solo dall'intervento del padre di Moraldo; la cosa però provoca grande scompiglio in casa e sconvolge Sandra.
Giunge il momento di Leopoldo. Al teatro Politeama è di scena una rivista che vede la partecipazione di un grande attore di prosa, ormai decaduto, Sergio Natali. L'attore ha letto una commedia di Leopoldo e sembra intenzionato a portarla in scena. Dopo lo spettacolo la compagnia va a cena con gli amici. Mentre gli altri si uniscono alle ballerine, Leopoldo recita l'intera sua commedia a Natali. Ad un certo punto il commediante conduce Leopoldo alla spiaggia e lo invita a seguirlo al buio tra le cabine, solo in quel momento l'aspirante commediografo si accorge delle reali intenzioni dell'individuo e scappa a gambe levate.
Fausto, invece, dopo avere passato la notte con la soubrette della compagnia ritorna a casa con Moraldo che cerca di fargli la morale senza risultato. A seguito di quella notte Sandra prende il bambino con sé e fugge lasciando nella disperazione Fausto. Dopo una giornata di affannose ricerche la donna viene ritrovata nell'abitazione del suocero che decide, una volte per tutte, di dare una sonora lezione al figlio scioperato. I due si riconciliano e la vita sembra tornare come prima. Non per Moraldo, però, che una mattina prende il treno e se ne va a Roma.

4.2  Da sogno a sogno

4.2.1  Sfaccendati di provincia

Nel dizionario Il nuovo Zingarelli il termine "vitellone" viene definito: "Giovane che trascorre il tempo oziando o in modo vacuo e frivolo, senza cercare di uscire da un ambiente sociale mediocre e privo di stimoli intellettuali". E' un neologismo coniato proprio dal titolo della terza opera registica di Fellini. Non sarà l'unico caso in cui il cineasta romagnolo conierà parole che poi entreranno a far parte del linguaggio quotidiano (Paparazzo e Dolce vita saranno i casi più eclatanti). La provenienza di questo vocabolo è ancora poco chiara; si dice che derivi dal dialetto riminese "vidlòn", espressione con cui i contadini indicavano gli studenti e in genere gli sfaccendati. Un'altra ipotesi lo fa invece derivare dal dialetto marchigiano ed utilizzato nel lessico familiare di Ennio Flaiano che ne discetta l'origine in una sua lettera del 1971: "il termine era usato ai miei tempi per indicare un giovane di famiglia modesta, magari studente, ma o fuori corso o sfaccendato...  Credo che sia una corruzione di vudellone, un grosso budello, persona portata alle grosse mangiate e passato in famiglia a indicare che mangia a ufo, che non produce, un budellone da riempire."1
Con questa opera Fellini raffigura la realtà di una parte della provincia italiana mettendo contemporaneamente in scena il disagio che coglie i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Se per il ragazzino, l'amico di Moraldo figlio di un ferroviere, è assolutamente normale iniziare a lavorare a 14 anni; per gli sfaccendati piccoli borghesi che si aggirano per questa Rimini fantastica, frutto delle riprese effettuate in diversi luoghi d'Italia, il lavoro è uno spettro che disturba i loro sogni adolescenziali e li vuole costringere a prendersi carico delle responsabilità della vita.
Come e più delle altre opere vi è una forte connotazione biografica nei personaggi rappresentati e soprattutto nell'alter ego del regista.  Ma sul fatto che i vitelloni fossero un fenomeno tipico della provincia non solo italiana, ma mondiale non esistono dubbi. Non si spiegherebbe, diversamente, il forte impatto emotivo che il film ha avuto sul pubblico e sui registi di tutto il mondo che lo hanno preso come modello. I casi più famosi, elencarli tutti sarebbe impossibile, sono: Calle Mayor (1956) dello spagnolo J. Bardem, I basilischi (1963) di Lina Wertmuller, Mean Streets (1973) di Martin Scorsese e  American graffiti  (1974) di George Lucas.
La lavorazione del film è piuttosto travagliata. I soldi sono pochi e, in aggiunta, Sordi, voluto fortemente da Fellini nonostante fosse, nelle considerazioni dei produttori, un attore odiato dal pubblico, è impegnato in teatro con la rivista di Wanda Osiris. L'inseguimento a Sordi porta la troupe a girare alcune scene a Viterbo (il veglione di Carnevale) e a Firenze (il negozio dell'antiquario). Anche l'inquadratura che ci propone i vitelloni che guardano dal pontile il mare d'inverno non è stata girata sulla riviera adriatica ma sul lungomare di Ostia. Oltre a Sordi, che da quel momento si impone invece come uno dei personaggi più amati del grande schermo, caratterizzato proprio dal personaggio "codardo, infido e adolescenziale cronico"2 che lo renderà famoso e così peculiarmente "italiano", Fellini riesce ad imporre alla produzione anche la scelta di Franco Fabrizi nel ruolo di Fausto (doppiato però da Nino Manfredi), che aveva notato tra i boys di Wanda Osiris. Il cast è poi completato dall'ex ragazzo prodigio Franco Interlenghi (salito alla cronaca con il ruolo da protagonista in Sciuscià), dal già conosciuto Leopoldo Trieste e da una serie di caratteristi provenienti dal teatro (Paola Borboni, Enrico Viarisio), dal fratello di Fellini, Riccardo, e da una diva del terzo reich, la cecoslovacca Lyda Baarova, nota per essere stata l'amante di Goebbels e, a causa di questo, per essere stata perseguitata da Hitler prima e dall'esercito sovietico poi. 
La sfiducia verso la pellicola aumenta nei produttori a mano a mano che si avvicina il momento della fine delle riprese.  Il produttore Pegoraro, dopo aver visto il materiale girato, si affretta a mettere in cantiere un film di sicuro esito commerciale che dovrebbe così permettergli di superare il previsto insuccesso de I vitelloni. I risultati del botteghino smentiranno ampiamente le previsioni; mentre Scampolo '53  (così si chiama la disgraziata pellicola “riparatrice”) è un disastro assoluto, il film di Fellini, a sorpresa, diventa uno dei successi della stagione. Incassa infatti  nel 1953-54 ben 555 milioni e si piazza al nono posto della classifica delle pellicole italiane. Il notevole risultato commerciale è poi rafforzato dalla distribuzione all'estero dove I vitelloni spopola. In Argentina è campione d'incassi nel 1954, in Francia, Inghilterra e USA riscuote buoni consensi.
Il successo è aiutato anche dall'affermazione ottenuta al Festival di Venezia del 1953 dove la giuria, presieduta da Eugenio Montale, gli assegna il Leone d'argento insieme ad altre cinque pellicole in un palmarès in cui il massimo premio non è stato attribuito ad alcun film.
La critica italiana esprime, però, riserve sull'ultima fatica di Fellini. Pur non negando la validità dell'opera e le potenzialità del regista, essa pretende dal cinema la corretta formulazione dei problemi sociali e un aiuto per la soluzione degli stessi. Così Fernaldo Di Giammatteo scrive sulla rivista Rassegna del film: "E' indubbio che questo film svela una personalità nuova ed abbastanza autentica, ma è pure indubbio che le doti di questa personalità restino tuttora vaghe."3 Santarelli sulla Rivista del cinematografo osserva che "Fellini non ha lo spirito caustico della satira così come non ha lo spirito polemico della denuncia."4 Moravia, critico allora dell'Europeo,pur non disprezzando l'opera segnala che "Tutte queste figure sono disegnate sulla falsariga di un mondo provinciale di marca deamicisiana per nulla convincente."5 Non è da meno la recensione di Filippo Sacchi che, dalle pagine di Epoca, segnala che il personaggio di Moraldo (chiamato erroneamente Monaldo all'interno dell'articolo) è "assolutamente sbagliato nella sua uggiosa passività"6 facendo casualmente suo, sia pure partendo da basi diverse, il giudizio del CCC che esprime le proprie riserve sentenziando: "La condanna di un sistema di vita poco lodevole non è espressa con sufficiente chiarezza. Tale errore d'impostazione e la presenza di situazioni e scene scabrose fanno riservare la visione agli adulti di piena maturità morale." Altre critiche esprimono consenso all'opera sottolineandone il realismo. Angelo Solmi, su Oggi, dice che "Fellini [..] ci ha dato un ritratto esattissimo della vita di certa società di provincia"7, Vito Pandolfo esprime la  convinzione che "Fellini [....] possiede la capacità di rievocare un ambiente e di metterne a fuoco le scottanti alternative, le asprezza di quella vita e la debolezza congenita di certi strati sociali."8

4.2.2   Il borgo: Rimini

Come è già stato accennato sappiamo che i vitelloni che hanno ispirato l'opera erano un gruppo di giovinastri tra i 25 e 30 anni che Fellini aveva conosciuto a Rimini, ma che non aveva mai frequentato a causa della notevole diversità d'età che intercorreva tra di loro. Inoltre i ricordi di Fellini sono contaminati da quelli di Flaiano, proveniente anche lui dalla provincia, in questo caso, pescarese. Infine gli aneddoti narrati erano avvenuti alla fine degli anni '30 quando sia Fellini che Flaiano erano poco più che adolescenti. Tuttavia il contesto sociale in cui si svolge il film è chiaramente quello dell'Italia postbellica (l'anno esatto è citato all'inizio quando Sandra viene premiata Miss Sirena 1953) che si sta velocemente portando tra le nazioni industrializzate e che ha già dimenticato - o cerca di rimuovere - la guerra.
Rimini era uscita distrutta dall'evento bellico, i bombardamenti avevano quasi completamente sventrato la città vecchia che era poi rapidamente rifiorita grazie all'operosità dei suoi abitanti prima e dal turismo di massa  che agli inizi degli anni '50 cominciava a delinearsi. La violenza e l'accanimento delle forze alleate sulla città romagnola è testimoniato dalla sorella di Fellini, Maddalena, che ricorda con terrore un bombardamento del dicembre 1943 in cui cadevano le "bombe come grappoli di uva nera."9
Il turismo, come è già stato detto, è stato immediatamente la soluzione per i mali di Rimini. Il progressivo benessere di cui godevano gli italiani, rafforza subito il turismo di massa che distruggerà il "borgo" per sostituirlo con il "divertimentificio", che ora impazza soprattutto tra i giovani che si possono considerare, in qualche modo, eredi dei vitelloni felliniani. Gradualmente le pensioncine a conduzione familiare svaniscono, così come l'economia spicciola e il rapporto estremamente solidale tra cittadini10 che aveva caratterizzato Rimini fino ad allora. Il rapporto solidale che spingeva  Giorgio Fabbri, marito di Maddalena Fellini,  giovane medico pediatra a farsi pagare raramente le visite.11 Il progresso prodigioso di quegli anni cancella impietosamente anche le antiche attività commerciali. Ecco che, sempre nei ricordi di Maddalena, appare il rimpianto per i vecchi negozi che caratterizzavano il centro della cittadina: il negozio di stoffe della Enia Bartolotti (la Enia delle "quattro stagioni"), quello dei fratelli Angelini, detti “I murin”, che vendevano cappelli di ogni tipo e foggia o il negozio dell'arrotino muto.12 
La vita era ancora, usando un modo di dire ormai abusato, a misura d'uomo. La ricchezza era, invece, ancora da venire; un esempio emblematico viene dai costumi da bagno fatti molto spesso con la tela dei paracadute, un tessuto così spesso e duro da lasciare i segni sulla pelle di coloro che lo portavano. Le ragazze indossavano invece un costume di lana che non appena si bagnava diventava “tinco”, in dialetto significa rigido, che si stacca dal corpo.13 Le possibilità di divertimento per i giovani d'allora erano davvero poche, come si può facilmente desumere anche dalle immagini de I vitelloni e  Amarcord  (1973). Oltre alle solite feste per ragazzotti vi era ben poco d'altro da fare: c'era il biliardo, il bar, gli scherzi di buono e cattivo gusto, il cinema (il Fulgor che appare spesso nella mitologia felliniana) e, raramente, il varietà che viene riproposto anche in questa pellicola. Poi c'erano i sogni, la fuga a Roma, la capitale che così tanto fascino esercitava su questi giovinastri e verso cui si dirige Moraldo nel finale.
Roma era allora difficilmente raggiungibile, quasi un avventura. L'unica persona che Benzi conosceva che vi era andato al momento in cui Fellini ci si reca, era suo nonno che, anni prima, aveva dovuto raggiungerla a piedi per trovare un lavoro.14 I collegamenti erano assai difficoltosi e lo resteranno per diverso tempo dopo la guerra. Fellini, infatti, perde quasi completamente i rapporti con la città d'origine e con i suoi amici d'infanzia per alcuni anni. Quando vi ritorna, si accorge della scomparsa del borgo, si rende conto che la fauna locale, che lo ispirerà per alcuni suoi famosissimi personaggi (Giudizio, Biscein, Gradisca, Saraghina), sta svanendo, inglobata dal boom economico. Una nostalgia che non lo abbandona più e che riappare nelle opere più disparate (Roma, I clown, Amarcord, Otto e mezzo) a distanza anche di decenni.
La discrasia esistente tra la Rimini dei suoi ricordi e quella reale rende difficile il rapporto tra lui e i riminesi anche a causa della sua timidezza che "lo portava a far gabellare per superbia l'opinione dei suoi concittadini."15 La riconciliazione giunge solo dopo il primo dei due ictus che lo porteranno alla morte il 31.10.1993. Sapendo che Fellini è gravemente malato, Rimini si stringe attorno a lui e lo riaccoglie nel proprio seno. La vita di Fellini, come quella di tutti d'altro canto, è a forma circolare come ci insegna Milan Kundera16: dal sogno infantile e adolescenziale riminese al sogno di Roma per tornare, alla fine, al sogno di una Rimini17 che non c'è più e che, forse, non c'è mai stata.

4.3 Per pochi voti

4.3.1 La visione di una democrazia protetta

La lavorazione del film non è minimamente disturbata dalla dura campagna, intrapresa dai partiti d'opposizione e da frange della stessa maggioranza, contro la cosiddetta "legge truffa" che assegnava i due terzi dei seggi alla coalizione di partiti che avesse ottenuto il 50 per cento più uno dei voti. Nel tentativo di impedirne l'approvazione, si scatena un durissimo ostruzionismo in parlamento superato solo da una forzatura dell'allora presidente del Senato Meuccio Ruini, succeduto a Giuseppe Paratore che si era dimesso per contrasti col governo che lo invitava ad usare questo tipo di procedura. La legge viene approvata il 29 marzo 1953, giusto in tempo per le elezioni che vengono indette per il 7 giugno dello stesso anno. E' un'altra sconfitta per il Partito Comunista appena ripresosi dallo shock causato dalla morte di Stalin, scomparso il 5 marzo.
La riforma della legge elettorale ha, però, provocato gravi lacerazioni anche all'interno della maggioranza. Dai partiti laici alleati alla DC escono personaggi che si presentano alle elezioni in formazioni nate appositamente per impedire alla coalizione formata da: DC, PSDI, PLI, PRI, Partito sardo d'azione, Sud Tiroler Volkspartei e Partito Popolare Sudtirolese di ottenere il quorum  del 50% dei voti. La percentuale non viene, infatti, raggiunta anche in virtù dell'azione di queste piccole liste laiche di dissidenti - Up (Unità popolare), guidata dal liberale Corbino, e Adn (Alleanza democratica nazionale) con alla testa Calamandrei, Parri e Codignola - che raccolgono rispettivamente lo 0,5 e lo 0,6%.
Una manciata di voti, dunque, che sono però sufficienti ad impedire la realizzazione del progetto di "democrazia protetta" che De Gasperi si proponeva di realizzare con la riforma della legge elettorale. Il cartello di partiti da lui guidato raggiunge solo il 49.8% e nel corso della seconda legislatura viene poi ripristinato il proporzionale puro con la cancellazione del premio di maggioranza appena introdotto. La sconfitta politica del progetto degasperiano comporta la caduta dell'anziano leader della Dc.
La presidenza del consiglio viene così affidata al democristiano Giuseppe Pella che forma un governo monocolore con l'appoggio esterno di liberali, repubblicani e socialdemocratici. Un governo poco solido che scivolerà sulla questione di Trieste.
La città faceva parte dalla fine della seconda guerra mondiale di un territorio libero diviso in due zone controllate dalle forze vincitrici del conflitto. Nel tentativo di ridare la sovranità su questa fetta di terra  Pella chiede il 13 settembre  un plebiscito in entrambe le zone; in cambio promette ai partner europei l'appoggio del governo per l'ingresso dell'Italia nella CED. La violenta reazione jugoslava costringe gli alleati a ritirare il proprio appoggio alla proposta italiana. In seguito alla uccisione di sei persone, nel corso di una manifestazione a Trieste, compiuta dalla polizia locale dipendente dall'amministrazione alleata, il governo italiano schiera il proprio esercito alla frontiera.
L'intervento di Stati Uniti e Gran Bretagna porta ad un compromesso che lascia all'Italia la zona A mentre la zona B viene assegnata alla Jugoslavia. Subito dopo Pella paga le tensioni che ha causato con la sua politica estera spregiudicata  venendo, di fatto, dimissionato dalla Dc che lo definisce, attraverso le parole di De Gasperi, semplicemente un "governo amico". Gli succede Mario Scelba, il “famigerato” ministro degli interni fino al '53, che forma un tripartito con i socialdemocratici e i liberali dopo un tentativo infruttuoso di Fanfani.
Le tensioni politiche non si riverberano nella opera felliniana di cui, peraltro,  si erano già concluse le riprese alla fine di gennaio. Le questioni sociali che vengono toccate sono assai diverse. Appare comunque evidente l'angoscia delle giovani generazioni che si propongono alla società impreparati, incapaci di inserirsi nel mondo del lavoro. D'altro canto le possibilità che si presentano sono molto umili; Fausto si vergogna di lavorare nel negozio di arredi sacri che è ben diverso dai sogni di gloria che aveva, fino a quel momento, cullato nella sua fantasia ed il ragazzino amico di Moraldo  è costretto, a soli 14 anni, a lavorare in ferrovia.

4.3.2 Andiamo al mare!

 Il grande fermento di cui godeva il popolo italiano non aveva ancora agito in profondità nella mentalità della provincia. Il Sud, in modo particolare, non riuscirà a ritrovare i legami con il resto d'Italia che invece proprio nel corso del decennio decolla.
Rimini, invece, e la riviera romagnola risalgono la china grazie al turismo di massa che inizia ad imporsi dalla seconda metà degli anni cinquanta. Nel censimento del 1949 l'Emilia Romagna (disponiamo solo di dati regionali) aveva 1.789 esercizi alberghieri e poteva contare su 34.459 posti letto, ben lontana quindi dalla Lombardia che disponeva di 4.267 esercizi con la possibilità di ospitare oltre cinquantamila persone. Davanti all'Emilia Romagna c'erano anche Piemonte, Trentino, Veneto e Toscana; il Lazio era sorprendentemente molto più indietro con soli 815 esercizi e con poco più di ventiseimila posti letto.
Già nel 1954 il dato cambia: gli esercizi aumentano nella Romagna fino a raggiungere il numero di 2.590, che portano la regione ad essere seconda solo alla Lombardia, che detiene ancora il primato, e al Piemonte che però è sopravanzato nel numero di letti a disposizione.
Il dato del 1958 è invece radicalmente diverso e testimonia il boom della vacanza di massa e le mutate condizioni economiche.  In Emilia Romagna si registra un aumento delle attività alberghiere di quasi il 70%, lo stesso fenomeno si registra in Liguria, altra regione balneare dove si indirizzano gli italiani che già godono di questo insperato progresso economico. Ma il boom del turismo in questa zona è ancora più riscontrabile dall'aumento del numero dei posti letto che si raddoppiano  nel corso di soli 4 anni (104.753 nel '58) fino a raggiungere la quota di 145.737 che da sola è il 17% dell'intero settore in Italia.18
E' facilmente comprensibile che questo incremento è dovuto quasi completamente allo sviluppo della riviera adriatica. E' ovvio a questo punto affermare che Rimini e le zone limitrofe, che erano state il paesaggio naturale dell'infanzia di Fellini, avevano subito un cambiamento così radicale da sembrare totalmente trasformate. Il che era per di più avvenuto quando il regista frequentava raramente la sua città natale poiché era impegnatissimo sul set. 

4.3.3  Partire per dove?

I vitelloni felliniani non vivono l'abnorme crescita del turismo e dell'artigianato locale; certamente, però, subiscono l'incertezza tipica di ogni cambiamento epocale e la rivoluzione in atto nella provincia italiana. Questa trasformazione rendeva ogni giorno più difficile il rapporto tra padri e figli impostato in modo molto tradizionale.19
I problemi tra generazioni sono confermati anche da altre fonti. Eugenio Turri nel suo libro Miracolo economico, in cui ricostruisce la vita nel veronese nel decennio in questione, affronta un caso analogo. Narra, infatti, la storia di un proprietario di un negozio di generi alimentari, Giani Formagiar, con un figlio di nome Tranquillo che è descritto così: "inquieto, con poca voglia di studiare, ambizioso, con tendenza a fare il bullo [...] uno che stava bene in piazza. [..] Passava tutta la giornata al bar a sognare avventure impossibili. Gli piacevano molto le macchine sportive con cui pensava di fare colpo sulle ragazze."20 Sembra il ritratto di uno dei protagonisti del film di Fellini, una riproduzione esatta di un fenomeno destinato a sedimentarsi negli usi della provincia fino a degenerare. Tranquillo finisce infatti in prigione per truffa ma si redime tornandosene a casa per tornare dietro il banco del negozio da cui credeva di fuggire.
Chi invece fugge è Moraldo che, come emerge dalle stesse dichiarazioni di Fellini, è il personaggio che più si avvicina al regista. Prende il treno e se ne va a Roma, verso la capitale dove c'era, o si sperava ci fosse, il successo, l'affermazione nel mondo dello spettacolo o forse un luogo ove svelenire l'inquietudine.
Come lui, molti altri. Si sa, infatti, che il movimento migratorio di quegli anni si volgeva soprattutto verso le regioni del nord in cui lo sviluppo economico progrediva incessantemente. Unica significativa eccezione era il Lazio. Nei due annuari ISTAT in cui sono segnate le cancellazioni e le iscrizioni anagrafiche per movimento migratorio tra Comuni italiani (1957 e 1960) il Lazio registra, oltre agli spostamenti all'interno della regione, l'insediamento di, rispettivamente, 49.240 e 62.729 persone - dato inferiore solo a quello registrato in Lombardia ed in Piemonte - in maggioranza provenienti dal centro - sud.21
Le spiegazioni del fenomeno sono ovvie. Il notevole rafforzamento dell'amministrazione centrale era stato visto nel sud dell'Italia, dove la disoccupazione era elevatissima, come una possibilità di carriera che era stata poi rapidamente sfruttata a fini elettorali, una volta compresane l’importanza. Nel 1954 il 56.3% degli impiegati e funzionari pubblici sono di origine meridionale.22 Su questo esodo c'è anche l'influenza del mondo dello spettacolo che, reinsediatosi a Roma, rappresenta per molti un Eldorado anche se il fenomeno, comunque limitato, ricopre una reale importanza solo nel mondo della cultura.
Le illusioni e le speranze degli italiani sono anche vittime dell'incertezza del quadro politico data dalla inadeguatezza delle coalizioni governative. La debolezza e fragilità delle maggioranze parlamentari viene compensata dall'intervento dei partiti con un dinamismo che tende a saltare il momento istituzionale. Il Parlamento, infatti, diventa  poco a poco solo la cassa di risonanza di decisioni, scelte e alleanze maturate fuori da Montecitorio.23 Questo processo comporta la occupazione dello stato da parte dei partiti, e della DC in primo luogo, che nel suo processo degenerativo spingerà l'Italia nel baratro della inefficienza. Nasce, insomma, la partitocrazia.

4.4 Ridere di cosa?

4.4.1 Vittime del benessere

I Vitelloni rappresentano uno degli aspetti più deleteri della provincia italiana. Fellini, è vero, li identifica con la parte della sua adolescenza in cui questi giovinastri sembravano un modello a cui ispirarsi. Ma al di là della bonaria simpatia con cui il regista li tratta, essi rappresentano il rischio di degenerazione di una società che da agricola è, in pochissimi anni, divenuta industriale. L'improvviso benessere della media borghesia ancora rigidamente aggrappata ai valori e alle tradizioni dell'Italia prebellica e, in molti modi, ottocentesca concede agio a tutti, specialmente ai giovani, ma contemporaneamente non concede il tempo a molti ceti, soprattutto della provincia, di adeguarsi alla nuova mentalità che la rivoluzione industriale (e di rivoluzione nella nostra penisola si può parlare) porta con sé.
Gli scompensi che ne derivano sono una delle ragioni della nascita di questi parassiti che sono comuni a tutta Italia come testimonia non solo il film di Fellini ma anche il già citato libro di Eugenio Turri. Paradossalmente questo atteggiamento può essere individuato come un elemento di ribellione a questa situazione. La salvezza che i vitelloni inseguono, ma non raggiungono mai, è la grande città, il sogno di sfondare nel mondo dell'arte - come per Leopoldo - o nello spettacolo.
Ovviamente ciò riguarda quasi esclusivamente il centro - nord o le zone di questa parte d'Italia maggiormente toccate dallo sviluppo industriale degli anni '50. Al Sud, invece, non solo il fenomeno è assai più limitato per ragioni economiche,  ma l'ancora di salvezza per molti giovani è rappresentata dall'emigrazione causata dalla mancanza di lavoro e considerata, peraltro, a livello governativo come "effetto positivo provocato dal libero gioco della domanda e dell'offerta e utile valvola di sfogo per la sovrappopolazione presente nel Meridione e nel nord - est"24

4.4.2 Largo alla commedia

Il successo che arride a questo film è forse attribuibile al fatto che l'italiano conosce e riconosce questa categoria di persone e, dunque, ne può ridere senza sentirsi bersaglio della pungente ironia e satira del regista, come era invece accaduto ne Lo sceicco bianco  e accadrà anche successivamente con altre opere di Fellini.
I vitelloni,  insieme a La spiaggia di Lattuada e Maddalena di Genina (che rientra, comunque, tra i melodrammi), è l'unico film d'autore  che sfonda ai botteghini. Tuttavia anche questa opera è assimilabile ai gusti del pubblico in quanto, in fondo, appartiene al filone della commedia all'italiana. La classifica del cinema italiano della stagione 53/54 vede poi solo commedie - divenute poi famosissime, come Pane amore e fantasia con la Loren e De Sica, Il ritorno di Don Camillo e Il turco napoletano con il solito Totò - e film di natura musicale, intervallati da altre opere in costume come Lucrezia Borgia per la regia di Christian Jacque. Il pubblico italiano continua insomma a rifuggire dal cosiddetto "cinema impegnato" fino al punto di rifiutare il tentativo di Zavattini di rilanciare il neorealismo con un film ad episodi - Amore in città - dove i migliori registi italiani, tra cui Fellini, girano dei cortometraggi su tematiche neorealiste. L'insuccesso è totale. Amore in città è solo 90° tra gli incassi stagionali, poco sopra I vinti di Antonioni. Un successo appena accettabile riscuote Cronache di poveri amanti di Carlo Lizzani, tratto dal romanzo di Pratolini, che con circa 224 milioni occupa il 56° posto.
Il pubblico si è ormai definitivamente ripiegato  su se stesso, di fatto inizia a manifestarsi quello scollamento che porterà lo spettatore a rifiutare i modelli proposti dal nostro cinema per aderire a miti, gusti, mentalità dei prodotti statunitensi. Una identificazione aiutata dall'invasione delle case produttrici americane a Cinecittà che, grazie all'economicità e alla resa dei propri artigiani, si presenta come una valida alternativa alle strutture esistenti negli USA. La presenza costante sugli schermi e sui rotocalchi italiani degli attori più famosi di Hollywood che si aggirano nei locali più rinomati della nostra penisola, rende ancora più familiare e raggiungibile lo stile di vita statunitense che, agli occhi di tutti, diventa l'Italia di un futuro ormai prossimo grazie alla industrializzazione e allo sviluppo economico.
Contemporaneamente il cinema italiano perde progressivamente contatto con la realtà esterna, se si eccettuano alcune commedie che, sia pure con stereotipi che alla lunga diventeranno manierati e inconsistenti, mantengono un rapporto con la quotidianità. Probabilmente questo processo è aiutato dalla rimozione, nella coscienza collettiva, del ventennio fascista e della guerra per cui si crea nell'immaginario la convinzione che il secondo conflitto mondiale sia stato combattuto fianco a fianco con gli americani.
Grazie al successo de I vitelloni  Fellini riesce ad imporre la storia che vuole girare da un paio di anni, la fiabesca vicenda di due poveri vagabondi, una fiaba che rifiuta ogni compromesso con l'ideologia neorealista: La strada.

copyright