Dossier:

Federico Fellini: Oltre l'estetica neorealista a cura di Giovanni Scolari

I Vitelloni (1953)
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4.4 Ridere di cosa?

4.4.1 Vittime del benessere

I Vitelloni rappresentano uno degli aspetti più deleteri della provincia italiana. Fellini, è vero, li identifica con la parte della sua adolescenza in cui questi giovinastri sembravano un modello a cui ispirarsi. Ma al di là della bonaria simpatia con cui il regista li tratta, essi rappresentano il rischio di degenerazione di una società che da agricola è, in pochissimi anni, divenuta industriale. L'improvviso benessere della media borghesia ancora rigidamente aggrappata ai valori e alle tradizioni dell'Italia prebellica e, in molti modi, ottocentesca concede agio a tutti, specialmente ai giovani, ma contemporaneamente non concede il tempo a molti ceti, soprattutto della provincia, di adeguarsi alla nuova mentalità che la rivoluzione industriale (e di rivoluzione nella nostra penisola si può parlare) porta con sé.
Gli scompensi che ne derivano sono una delle ragioni della nascita di questi parassiti che sono comuni a tutta Italia come testimonia non solo il film di Fellini ma anche il già citato libro di Eugenio Turri. Paradossalmente questo atteggiamento può essere individuato come un elemento di ribellione a questa situazione. La salvezza che i vitelloni inseguono, ma non raggiungono mai, è la grande città, il sogno di sfondare nel mondo dell'arte - come per Leopoldo - o nello spettacolo.
Ovviamente ciò riguarda quasi esclusivamente il centro - nord o le zone di questa parte d'Italia maggiormente toccate dallo sviluppo industriale degli anni '50. Al Sud, invece, non solo il fenomeno è assai più limitato per ragioni economiche,  ma l'ancora di salvezza per molti giovani è rappresentata dall'emigrazione causata dalla mancanza di lavoro e considerata, peraltro, a livello governativo come "effetto positivo provocato dal libero gioco della domanda e dell'offerta e utile valvola di sfogo per la sovrappopolazione presente nel Meridione e nel nord - est"

4.4.2 Largo alla commedia

Il successo che arride a questo film è forse attribuibile al fatto che l'italiano conosce e riconosce questa categoria di persone e, dunque, ne può ridere senza sentirsi bersaglio della pungente ironia e satira del regista, come era invece accaduto ne Lo sceicco bianco  e accadrà anche successivamente con altre opere di Fellini.
I vitelloni,  insieme a La spiaggia di Lattuada e Maddalena di Genina (che rientra, comunque, tra i melodrammi), è l'unico film d'autore  che sfonda ai botteghini. Tuttavia anche questa opera è assimilabile ai gusti del pubblico in quanto, in fondo, appartiene al filone della commedia all'italiana. La classifica del cinema italiano della stagione 53/54 vede poi solo commedie - divenute poi famosissime, come Pane amore e fantasia con la Loren e De Sica, Il ritorno di Don Camillo e Il turco napoletano con il solito Totò - e film di natura musicale, intervallati da altre opere in costume come Lucrezia Borgia per la regia di Christian Jacque. Il pubblico italiano continua insomma a rifuggire dal cosiddetto "cinema impegnato" fino al punto di rifiutare il tentativo di Zavattini di rilanciare il neorealismo con un film ad episodi - Amore in città - dove i migliori registi italiani, tra cui Fellini, girano dei cortometraggi su tematiche neorealiste. L'insuccesso è totale. Amore in città è solo 90° tra gli incassi stagionali, poco sopra I vinti di Antonioni. Un successo appena accettabile riscuote Cronache di poveri amanti di Carlo Lizzani, tratto dal romanzo di Pratolini, che con circa 224 milioni occupa il 56° posto.
Il pubblico si è ormai definitivamente ripiegato  su se stesso, di fatto inizia a manifestarsi quello scollamento che porterà lo spettatore a rifiutare i modelli proposti dal nostro cinema per aderire a miti, gusti, mentalità dei prodotti statunitensi. Una identificazione aiutata dall'invasione delle case produttrici americane a Cinecittà che, grazie all'economicità e alla resa dei propri artigiani, si presenta come una valida alternativa alle strutture esistenti negli USA. La presenza costante sugli schermi e sui rotocalchi italiani degli attori più famosi di Hollywood che si aggirano nei locali più rinomati della nostra penisola, rende ancora più familiare e raggiungibile lo stile di vita statunitense che, agli occhi di tutti, diventa l'Italia di un futuro ormai prossimo grazie alla industrializzazione e allo sviluppo economico.
Contemporaneamente il cinema italiano perde progressivamente contatto con la realtà esterna, se si eccettuano alcune commedie che, sia pure con stereotipi che alla lunga diventeranno manierati e inconsistenti, mantengono un rapporto con la quotidianità. Probabilmente questo processo è aiutato dalla rimozione, nella coscienza collettiva, del ventennio fascista e della guerra per cui si crea nell'immaginario la convinzione che il secondo conflitto mondiale sia stato combattuto fianco a fianco con gli americani.
Grazie al successo de I vitelloni  Fellini riesce ad imporre la storia che vuole girare da un paio di anni, la fiabesca vicenda di due poveri vagabondi, una fiaba che rifiuta ogni compromesso con l'ideologia neorealista: La strada.

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