4.2.2 Il borgo: Rimini
Come è già stato accennato sappiamo che i vitelloni che hanno ispirato l'opera erano un gruppo di giovinastri tra i 25 e 30 anni che Fellini aveva conosciuto a Rimini, ma che non aveva mai frequentato a causa della notevole diversità d'età che intercorreva tra di loro. Inoltre i ricordi di Fellini sono contaminati da quelli di Flaiano, proveniente anche lui dalla provincia, in questo caso, pescarese. Infine gli aneddoti narrati erano avvenuti alla fine degli anni '30 quando sia Fellini che Flaiano erano poco più che adolescenti. Tuttavia il contesto sociale in cui si svolge il film è chiaramente quello dell'Italia postbellica (l'anno esatto è citato all'inizio quando Sandra viene premiata Miss Sirena 1953) che si sta velocemente portando tra le nazioni industrializzate e che ha già dimenticato - o cerca di rimuovere - la guerra.
Rimini era uscita distrutta dall'evento bellico, i bombardamenti avevano quasi completamente sventrato la città vecchia che era poi rapidamente rifiorita grazie all'operosità dei suoi abitanti prima e dal turismo di massa che agli inizi degli anni '50 cominciava a delinearsi. La violenza e l'accanimento delle forze alleate sulla città romagnola è testimoniato dalla sorella di Fellini, Maddalena, che ricorda con terrore un bombardamento del dicembre 1943 in cui cadevano le "bombe come grappoli di uva nera."
Il turismo, come è già stato detto, è stato immediatamente la soluzione per i mali di Rimini. Il progressivo benessere di cui godevano gli italiani, rafforza subito il turismo di massa che distruggerà il "borgo" per sostituirlo con il "divertimentificio", che ora impazza soprattutto tra i giovani che si possono considerare, in qualche modo, eredi dei vitelloni felliniani. Gradualmente le pensioncine a conduzione familiare svaniscono, così come l'economia spicciola e il rapporto estremamente solidale tra cittadini che aveva caratterizzato Rimini fino ad allora. Il rapporto solidale che spingeva Giorgio Fabbri, marito di Maddalena Fellini, giovane medico pediatra a farsi pagare raramente le visite. Il progresso prodigioso di quegli anni cancella impietosamente anche le antiche attività commerciali. Ecco che, sempre nei ricordi di Maddalena, appare il rimpianto per i vecchi negozi che caratterizzavano il centro della cittadina: il negozio di stoffe della Enia Bartolotti (la Enia delle "quattro stagioni"), quello dei fratelli Angelini, detti “I murin”, che vendevano cappelli di ogni tipo e foggia o il negozio dell'arrotino muto.
La vita era ancora, usando un modo di dire ormai abusato, a misura d'uomo. La ricchezza era, invece, ancora da venire; un esempio emblematico viene dai costumi da bagno fatti molto spesso con la tela dei paracadute, un tessuto così spesso e duro da lasciare i segni sulla pelle di coloro che lo portavano. Le ragazze indossavano invece un costume di lana che non appena si bagnava diventava “tinco”, in dialetto significa rigido, che si stacca dal corpo. Le possibilità di divertimento per i giovani d'allora erano davvero poche, come si può facilmente desumere anche dalle immagini de I vitelloni e Amarcord (1973). Oltre alle solite feste per ragazzotti vi era ben poco d'altro da fare: c'era il biliardo, il bar, gli scherzi di buono e cattivo gusto, il cinema (il Fulgor che appare spesso nella mitologia felliniana) e, raramente, il varietà che viene riproposto anche in questa pellicola. Poi c'erano i sogni, la fuga a Roma, la capitale che così tanto fascino esercitava su questi giovinastri e verso cui si dirige Moraldo nel finale.
Roma era allora difficilmente raggiungibile, quasi un avventura. L'unica persona che Benzi conosceva che vi era andato al momento in cui Fellini ci si reca, era suo nonno che, anni prima, aveva dovuto raggiungerla a piedi per trovare un lavoro. I collegamenti erano assai difficoltosi e lo resteranno per diverso tempo dopo la guerra. Fellini, infatti, perde quasi completamente i rapporti con la città d'origine e con i suoi amici d'infanzia per alcuni anni. Quando vi ritorna, si accorge della scomparsa del borgo, si rende conto che la fauna locale, che lo ispirerà per alcuni suoi famosissimi personaggi (Giudizio, Biscein, Gradisca, Saraghina), sta svanendo, inglobata dal boom economico. Una nostalgia che non lo abbandona più e che riappare nelle opere più disparate (Roma, I clown, Amarcord, Otto e mezzo) a distanza anche di decenni.
La discrasia esistente tra la Rimini dei suoi ricordi e quella reale rende difficile il rapporto tra lui e i riminesi anche a causa della sua timidezza che "lo portava a far gabellare per superbia l'opinione dei suoi concittadini." La riconciliazione giunge solo dopo il primo dei due ictus che lo porteranno alla morte il 31.10.1993. Sapendo che Fellini è gravemente malato, Rimini si stringe attorno a lui e lo riaccoglie nel proprio seno. La vita di Fellini, come quella di tutti d'altro canto, è a forma circolare come ci insegna Milan Kundera: dal sogno infantile e adolescenziale riminese al sogno di Roma per tornare, alla fine, al sogno di una Rimini che non c'è più e che, forse, non c'è mai stata.
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