…e gli esterni del noir
Tornando ad un’analisi degli esterni, è da notare come in Melville esistano entrambe le periferie del noir americano. Maurice Faugel (Serge Reggiani) ci viene presentato in una periferia deserta e desolata, animata soltanto dal soffiare del vento e dal fischio dei treni, manifestazione sonora della desolazione morale dei personaggi. A questa periferia, in cui Maurice uccide il suo “amico” Gilbert Varnove, si contrappone in modo quasi simmetrico quella ricca di Neuilly, nella quale lo stesso Maurice (con il suo complice Rémy) cerca di riscattarsi da un destino che lo aveva reso un perdente e in cui commette un secondo omicidio, quello di Salignari, commissario e amico di Silien (Jean-Paul Belmondo). Dunque, se la periferia povera è quella in cui i malviventi vivono, organizzano furti, stipulano contratti o dividono la refurtiva, quella ricca è il luogo in cui i piani si concretizzano, in cui i furti si eseguono. Il risultato però non cambia, perché in entrambi i casi, le uniche figure che popolano la notte di questi luoghi restano poliziotti e malviventi.
Anche in Le Samouraï, Jef vive in un palazzo fatiscente nella periferia nord-est di Parigi, come colui che gli fornisce armi e documenti opera in un garage che si trova in una periferia ancora più anonima e desolata di quella in cui ci viene presentato per la prima volta Maurice.
Il ponte sul quale Jef incontra il sicario che vuole ucciderlo è un altro dei luoghi più comuni nel noir, che in Melville assume una valenza quasi assimilabile al genere western.
Jef avanza verso l’uomo in fondo al ponte, come se stesse per affrontare quest’ultimo in un duello. Jef è appena uscito dal commissariato dopo una notte d’interrogatori e, dopo essere riuscito a seminare la polizia che lo pedinava, si reca all’appuntamento con l’uomo incaricato di pagargli il lavoro compiuto. Una serie di piani americani e campi medi ci mostrano Jef attraversare i corridoi dell’edificio completamente deserto della stazione ferroviaria.
La macchina da presa è all’esterno in fondo alla passerella, dalla parte opposta alla porta dalla quale uscirà Jef.
Jef avanza lentamente, mani in tasca, verso un uomo di cui vediamo in primo piano la nuca. Le sue mani in tasca fanno pensare alla posizione delle mani di un cow-boy pronto a sfilare la pistola dalla fondina, per difendersi in un duello.
Il dialogo fra i due è essenziale e viene raccontato con una serie di primi piani in campo/controcampo in cui i due uomini si fissano negli occhi con grande attenzione, come per essere pronti a reagire nel caso in cui uno dei due dovesse compiere un passo falso.
Melville è molto bravo nel creare una sensazione d’instabilità, un’atmosfera di tensione che non sarebbe legittimata, ma che in effetti ci porta dritti al piano in cui la macchina da presa è al di là della ringhiera laterale della passerella. Sentiamo il rumore di due spari e vediamo l’uomo scappare dal lato opposto a quello di Jef. Melville, riprendendo l’azione in panoramica da destra verso sinistra (come per riprodurre il punto di vista di qualcuno sul treno che sta passando e di cui sentiamo in fuori campo il fischio) e soprattutto scegliendo un campo lungo, non ci permette di comprendere bene ciò che accade. Ad un’apparente calma dei due personaggi si contrappongono delle scelte di ripresa che lasciano trasparire il caos e la confusione che regna nel mondo interiore di Jef. Oltretutto Melville sceglie di ambientare questa sequenza durante le prime ore del giorno, mostrandoci uno di quei tanti luoghi che abitualmente di giorno sarebbero pieni di gente, che invece ci appaiono completamente deserti. Proprio questa scelta ci fa pensare al genere western, in cui il duello fra due cow- boy si svolge sempre all’alba e in un luogo deserto. Come anche la decisione di mostrarci l’azione con un campo lungo, ci rimanda immediatamente alla tradizione western.
Stesso discorso per la prima sequenza di Le Doulos: durante i primi tre piani del film, vediamo Maurice camminare lungo una strada deserta e non asfaltata che costeggia il ponte ferroviario. Con un campo lunghissimo Melville ci mostra un ambiente che campeggia sul personaggio creando però un effetto molto diverso da quello prodotto dai campi lunghi del western. Infatti in questo caso l’ambiente non si mostra in tutta la sua bellezza e grandiosità, non è una distesa sterminata da conquistare, ma inghiotte il personaggio mostrandone tutta la debolezza e l’impotenza.
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