Dossier:
L'adolescenza di Francois Truffaut a cura di Nicola Piovesan
Il ragazzino ribelle e la storia di un film
1 Parte - 2 Parte - 3 Parte

“Ogni buon film deve saper esprimere insieme una concezione della vita e una concezione del cinema.” F. Truffaut

Il film è “I quattrocento colpi” (Les 400 coups, 1959, titolo che in francese significa più o meno “fare il diavolo a quattro”), primo lunometraggio diretto da Truffaut, che allora era un critico polemico dei “Cahiers du Cinéma”, nonché primo capitolo del ciclo di Antoine Doniel (seguiranno “L’amore a vent’anni”, “Baci rubati”, “Non drammatizziamo... è solo una questione di corna” e “L’amore in fuga”), interpretato sempre da un bravissimo Jean-Pierre Léaud, che da questo film in poi diverrà una sorta di alter-ego del regista francese.
Il film nasce da svariate esigenze dell’autore. Prima di tutto l’urgenza di fare del cinema (dopo gli inconvenienti economici). Poi la forte spinta autobiografica, la convinzione che sullo schermo hanno avuto troppo poco spazio bambini e adolescenti, e la necessità di elaborare un proprio linguaggio cinematografico.
“I quattrocento colpi” è uno degli esordi più folgoranti e originali della storia del cinema, nonché una delle opere più significative della Nouvelle Vague. Immediato fu, infatti, il riconoscimento internazionale con la premiazione ottenuta alla miglior regia al festival di Cannes del 1959.
La caratteristica più importante del film è, però, la sua componente autobiografica. Nella sua realizzazione, infatti, Truffaut si ispirerà direttamente alla propria esperienza adolescenziale. E probabilmente è grazie allo straordinario equilibrio trovato tra fiction e autobiografia, a farci apparire “Les 400 coups” un film di rara autenticità e freschezza.
Prima di Truffaut, solo Roberto Rossellini e Jean Vigo avevano portato sul grande schermo dei bambini come personaggi specifici, rispettivamente in “Germania anno zero” (1948) e in “Zero in condotta” (Zéro de conduite, 1933). Dal primo ricava il triste e solo vagabondaggio del bambino per la città, dal secondo i momenti vivaci in classe e la crudeltà del maestro.
Il protagonista de “I quattrocento colpi”, inquadrato dalla macchina da presa con estrema “oggettività” per permettere al pubblico di riconoscersi in lui, apre un nuovo capitolo della storia del cinema sull’infanzia, periodo nel quale c’è una vera e propria lotta per la sopravvivenza, oscillante fra la resa completa e la rivolta contro gli adulti.
Le uniche critiche volse a Truffaut riguardano l’inverosimiglianza di certe situazioni, come l’arresto, la notte passata in guardina, il trasferimento nel riformatorio.
Nel film compaiono in brevi apparizioni anche Jeanne Moreau (la donna con il cagnolino), Jacques Demy (il poliziotto) e lo stesso Francois Truffaut, nelle vesti di un passante quando Antoine è al Luna Park ed esce dalla giostra rotante.
Memorabili la sequenza del colloquio con la psicologa e il meraviglioso finale, nel quale vediamo Antoine correre sulla spiaggia, raggiungere il mare, bagnarsi un po’, e poi voltarsi verso la macchina da presa; con una lieve smorfia di dolore e sofferenza, e lo sguardo perso nel domani, verso un futuro che gli riserverà chissà quali sventure...Adesso siamo invece a Nizza, negli studi Victorine. Vediamo un  ragazzo che esce dalla stazione del metrò, attraversa una piazza e prende a schiaffi un signore di mezza età. Poi una voce grida «stop!». Siamo sul set di "Vi presento Pamela" (un dramma nel quale il padre si innamora della nuora e fugge con lei). Le vicende della lavorazione del film si intrecciano con le questioni personali di chi vi lavora.
Alphonse, che in "Vi presento Pamela" interpreta il marito della protagonista, ha una burrascosa relazione con Liliane (la segretaria di produzione del film). Alexandre, padre di Alphonse, è un famoso attore hollywoodiano che si reca ogni giorno all'aeroporto per chissà quali motivi (si scoprirà che attende invano il suo fidanzato Christian). Severine, che nel film interpreta sua moglie, è un'attrice italiana che ultimamente si è data all'alcool.
Julie Baker, Pamela, è un'attrice americana che torna sul set dopo un esaurimento nervoso e il matrimonio con il dottor Nelson, il medico che l'ha curata. Ci sono poi il regista Ferrand, assistito da Joelle e dal produttore Bertrand, nonché un gruppo di validi tecnici.
Nonostante l'organizzazione, nel corso delle sette settimane di ripresa, si susseguono svariati problemi. L'attrice che dovrebbe interpretare la segretaria di Alexandre è incinta, Julie ha una relazione con Alphonse il quale avverte il dottore, provocando così una nuova crisi nervosa all'attrice. Poi muore in un incidene Alexandre, e Ferrand è costretto a cambiare la storia e girare la scena finale con una controfigura.
Mentre la troupe monta le scene, la televisione cerca una dichiarazione del regista sulla morte di Alexandre, che però non risponde. Parla, però Bernard, il trovarobe, che augura al pubblico di divertirsi vedendo il film, come hanno fatto loro girandolo.

copyright