Dossier:
L'adolescenza di Francois Truffaut a cura di Nicola Piovesan
Il ragazzino ribelle e la storia di un film
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“Ogni buon film deve saper esprimere insieme una concezione della vita e una concezione del cinema.” F. Truffaut

Quest'altro film si intitola "Effetto notte" (La Nuit américane), uscito nel 1973. Si tratta di un film sul cinema, di un "film nel film", che Truffaut ha voluto girare dopo quindici anni di carriera e quasi altrettanti film sulle spalle. E rimarrà l'unico, fra i suoi film, nel quale si vede "il cinema al lavoro".
"Effetto notte" arriva dopo un periodo di insuccessi, e apre una fase nuova nel cinema di Truffaut, una fase sperimentale, subito consacrata da un oscar, che lo avvicinerà anche al pubblico e al cinema americano, da lui tanto amato. Tuttavia, con questo film, il regista sembra allontanarsi dalla Nouvelle Vague (di cui è stato uno degli iniziatori) e soprattutto provocherà una rottura con Jean-Luc Godard. Il film inaugurerà un periodo di creatività eccezionale nella carriera di Truffaut, che si prolungherà fino alla fine.
Il film è basato tutto sugli aneddoti, su come avvengono le riprese e sui retroscena di come si "costruisce" un film. Ogni cosa è dunque indicativa della concezione pratica del cinema secondo il regista francese, nel quale gli studios vengono a rappresentare lo spazio di un sogno. "Effetto notte" viene così a rappresentare metaforicamente l'unità di spazio, tempo e azione, che sta alla base di ogni film. Molto importante è anche il fatto che è lo stesso Truffaut ad interpretare la parte del regista Ferrand, in una sorta di padre di famiglia allargato.
La prima scena è un inno al cinema, che prevede lo spazio e il tempo per lo stupore del pubblico, con il reale che viene svelato dalla finzione. Nel film, poi, abbiamo un lungo sussegguirsi di avvenimenti, soprattutto di imprevisti che potrebbero minacciare la normale prosecuzione delle riprese. Tuttavia, la maggior parte delle minacce che incombono su "Vi presento Pamela", sono legate alle attrici. Sono infatti le donne quelle che più spesso introducono sul set elementi di crisi e disequilibrio all'armonia creatasi.
In "Effetto notte" viene illustrato che una parte importante del lavoro del regista consiste nel rubare. Il regista è un ladro di emozioni, ma anche "ladro" di idee. Nel film stesso si vede Ferrand sognare di rubare delle foto di Welles... Moltissime sono anche le citazioni: da Hitchcock a Ophuls, da Renoir a Truffaut stesso.
In "Effetto notte", la quotidianità del fare cinema comprende problemi tecnici (ai quali Ferrand, il regista, trova sem-pre una soluzione, modificando la trama e adattandosi alle circostanze) e proble-mi esistenziali (come le questioni sentimen-tali o addirittura la morte) che rischiano in ogni momento di mandare all'aria tutto il lavoro. Sono questi ultimi i veri ostacoli da superare, cioè le intromissioni della vita nella finzione. E, nonostante gli sforzi fatti da Ferrand di tenere la vita lontana dal set, essa si insinua in ogni momento. Il dilemma che scuote Truffaut è legato all'idea che la vita porta inevitabilmente con sé la morte.


Due film molto diversi, dunque. Diversissima la trama, diversa la fotografia (bianco e nero il primo, a colori il secondo), diversi i personaggi, ma soprattutto diversi i momenti di uscita del film.
Il primo (“I quattrocento colpi”) infatti esce in piena stagione “Nouvelle Vague”, anzi, è una delle prime e più importanti pellicole del movimento francese.
Siamo alla fine degli anni ’50, un gruppo di giovani redattori della rivista Cahiers du Cinéma (fondata nel 1951 da Bazin e Doniol-Valcroze) decide di seguire il percorso tracciato in precedenza da André Bazin , quello cioè della “politica degli autori”, che divenne la parola d’ordine del gruppo. Questo nuovo modo di vedere il cinema era finalizzato alla messa in valore del regista-autore. Essi si richiamavano, inoltre, ad un profetico testo di A. Astruc apparso nel 1948 sulla rivista L’ecran francais, “Naissance d’une nouvelle avant-garde: la caméra-stylo”, prefigurando un cinema nel quale la macchina da presa potesse essere utilizzata con la stessa semplicità e libertà con la quale uno scrittore usa la penna stilografica.
Bazin era fautore di una teoria del linguaggio cinematografico non più basata sul montaggio, ma piuttosto sugli elementi che accentuano l’impressione di realtà dell’immagine filmica, evidenziando il carattere manipolatorio e artificioso del montaggio tradizionale. Si sviluppa così l’esigenza di girare dei “piani-sequenza”, cioè delle lunghe riprese senza stacchi. Questo per dare maggior rilievo alla soggettività dello spettatore.
Oltre a Truffaut, altri importanti esponenti della Nouvelle vague furono Claude Chabrol, Jean-Luc Godard, Eric Rohmer e Jacques Rivette.
“Effetto notte” si differenzia da questi film e da’ il via ad una nuova fase nella carriera di Truffaut, caratterizzata da una dimensione corale e polifonica, da un vivo interesse per lo spazio e il tempo, e da un’articolazione sempre più complessa e affascinante della messa in scena.
In ogni caso, sia “Effetto notte” che “I quattrocento colpi”, oltre che ad avere entrambi riferimenti autobiografici, danno l’idea su come Truffaut pensi l’esistenza e il cinema: il dolore di una continua lotta per la sopravvivenza nell’infanzia e la lotta contro le avversità del fare un film. Probabilmente con queste due pellicole, il regista francese è riuscito a mettere in atto ciò che ha sempre sostenuto, cioè che: “Ogni buon film deve saper esprimere insieme una concezione della vita e una concezione del cinema”.

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