Dossier:

Federico Fellini: Oltre l'estetica neorealista a cura di Giovanni Scolari

Il Bidone (1955)
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6.2.2  Il Marchese della stufa

L'aderenza alla realtà delle vicende narrate in questo film è confermata da un caso di cronaca del periodo in cui un certo Trento Manna si presentava presso alcuni piccoli conventi spacciandosi per il dottor Ranzetta, rappresentante della Pontificia Opera che distribuiva gioielli e ori per abbellire chiese che non avevano fondi a disposizione. Successivamente il Manna si recava da gioiellieri presentandosi come  Marchese della Stufa e acquistava, per conto del convento, un gioiello di grande valore predisponendone la consegna. All'ora prefissata il falso Marchese si faceva trovare presso il convento e, approfittando della fiducia di religiosi e negozianti, sgattaiolava via alla prima occasione.
La guerra ha, però, notevolmente aumentato questo sottobosco di emarginati che per campare è disposto a qualunque cosa, come Roberto che vive facendo lo gigolò e partecipando ad alcuni colpi e che ha molti aspetti in comune con il personaggio interpretato dallo stesso Fabrizi ne I vitelloni: Fausto. Di costui Roberto ne è infatti la naturale evoluzione, questo era il destino che lo aspettava qualora fosse  fuggito dalla provincia e dalle pastoie della famiglia. Per persone di tale fatta era, quindi, un gioco da ragazzi burlarsi dell'ignoranza dei contadini o dei baraccati per carpirgli tutti i loro guadagni ed era inevitabile che costoro si gettassero a corpo morto in un settore della criminalità che era stato fino ad allora monopolio dei bidonisti puri alla stregua di Augusto.
Il Bidone porta alla luce un fenomeno diffusissimo nell'immediato dopoguerra. Questi "artisti" della truffa agiscono senza alcun controllo delle forze di polizia che si stanno riorganizzando con una certa difficoltà. Nel decennio che va dal 1941 al 1950  i reati denunciati presso l'autorità giudiziaria e di cui è stata avviata l'azione penale sono in media 843.281 all'anno. Un dato incredibile in quanto la guerra ha, ovviamente, reso impossibile l'accertamento di molti di questi reati insieme, ovviamente, alla possibilità di compierli. Questa media assume diverso valore se si esamina la statistica anno per anno. Si va, infatti, dai 484.332 delitti del 1941 al 1.260.870 del 1946, anno in cui si è toccato il record di crimini nel decennio. Tutti i tipi di reati subiscono, dal 1945 al '50, un'impennata impressionante. Ma se alcuni sono riflesso della tormentata situazione politica (omicidi e percosse), le truffe vivono un singolare periodo d'oro che termina solo nel 1961, dopo cioè che l'Italia è entrata nel boom economico. Negli anni successivi al sessanta, a fronte di un aumento esponenziale di molti tipi di reato (furti, percosse, rapine), il numero di frodi denunciate rimane più o meno invariato, diminuendo anzi a livello percentuale la loro incidenza sul totale annuale. Se, infatti, nel periodo 1945-1961 le truffe costituivano il 5% circa dei delitti perseguiti, subito dopo, questa percentuale crolla fino a rappresentare poco meno del 2,5% del totale nel 1985, ultimo anno considerato dalla tabella ISTAT che ho a disposizione.
Da queste statistiche appare evidente come i bidoni fossero ben altro che un problema di scarsa importanza nella società italiana degli anni cinquanta che sta risalendo lentamente la china dopo le distruzioni della guerra mondiale. Questo elevato numero di denunce testimonia la redditività di questo settore della microcriminalità.
Non può dunque essere casuale che con il 1960, data in cui viene situato il boom economico, si assiste al declino di questa forma di delinquenza. Fellini, da attento osservatore della realtà sociale, con questo film porta sotto l'occhio di tutti ancora una volta una parte d'Italia che si va estinguendo.

6.2.3  Cinema e televisione

Il progresso che provoca la scomparsa di questi personaggi è simbolizzato dalla televisione le cui trasmissioni iniziano nel 1954. Essa conquista subito un gran pubblico e nel 1959 si contano già un milione e mezzo di abbonati. Che la televisione diventi subito importante è confermato dal fatto che l’apparecchio televisivo  appare subito nelle case mostrate dai film italiani del periodo. Ad un anno dalla sua apparizione, già i ceti più abbienti la considerano  come un elemento indispensabile della vita quotidiana. Fellini sottolinea questo durante la scena del veglione di capodanno. A casa dello spacciatore di cocaina, mentre il party va degenerando, la televisione fa bella mostra di sé sintonizzata sul canale della Rai che trasmette il classico veglione televisivo e alcuni degli invitati si disinteressano della festa per seguire il programma sul piccolo schermo.
L'influenza del televisore sul costume italiano non può però essere trascurata, soprattutto per l'aiuto fornito alla scuola nel diffondere l'italiano parlato, ancora largamente ignorato dalla popolazione. Infatti, dal censimento del 1951 si ricava che metà degli italiani parla ancora solo il dialetto. Qualche anno dopo, nel 1955, il numero degli spettatori televisivi supera già quello dei frequentatori delle sale cinematografiche. Ha qui inizio il predominio della televisione sul costume italiano. Anche l’avversione mostrata nei primi tempi da parte degli intellettuali verso tale mezzo finisce coll’essere superata. Non solo, al rifiuto segue, quasi implacabile, un  contrappasso: gli avversari della prima ora diventano in breve proprio i principali recensori di tale  fenomeno.
I rapporti tra cinema e televisione hanno avuto un andamento diverso nel corso degli anni. Dalla forte contrapposizione si è passati a una forma di collaborazione (la RAI che produce dei film) fino a giungere all’attuale situazione, in cui cinema e televisione sono semplicemente due comparti dell'unica industria audiovisiva.
Agli inizi la RAI non si rapporta, però, al cinema, ma invece alla radio che fino ad allora aveva costituito il più diffuso mezzo di comunicazione. La proiezione di film alla televisione  è in genere utilizzato solo come riempitivo, per chiudere i vuoti del palinsesto, con deboli criteri di programmazione e con molta casualità. I film proiettati sono inoltre fondi di magazzino, opere fuori dal normale circuito distributivo e poco digeribili. A farla da padrone sono subito i quiz e il loro profeta italiano, Mike Buongiorno, diventa rapidamente una sorta di eroe per la gente comune, a dispetto della feroce ironia rivolta dal mondo intellettuale a questo tipo di programma per via del  modello di cultura che propone basato su un nozionismo esasperato.
La diffusione della televisione va di pari passo con l'apparizione sulla scena di nuovi elettrodomestici fabbricati in Italia. Frigoriferi, lavatrici e altri oggetti rivoluzionano le abitudini delle massaie e costituiscono l'orgoglio e il vanto della nostra industria. Sono dei piccoli, ma significativi passi avanti nelle condizioni di vita della popolazione che ha sempre moti di meraviglia anche di fronte a semplici innovazioni. E’ il caso della reazione della prostituta di paese, ingaggiata da Augusto e Roberto, quando si accorge che la loro macchina ha, addirittura, l'autoradio.
Questi benefici non raggiungono tuttavia la totalità degli abitanti. Vasti strati della popolazione sono infatti costretti a vivere ancora in baracche o in alloggi di fortuna. L'emigrazione interna ha creato una massa di disperati in cerca di casa che pesa sulla situazione sociale delle grandi metropoli.
Che il problema dei baraccati sia molto sentito è confermato dalla attenzione che il cinema riserva alla questione. De Sica, in collaborazione con l'infaticabile Zavattini, vi torna per almeno due volte con Miracolo a Milano (1951) e Il tetto (1954). Ma moltissime pellicole del decennio hanno per oggetto l'esigenza della casa di proprietà, fatto  approfondito nel capitolo successivo. L’argomento  in qualche modo si ricollega alle tematiche presenti nella successiva pellicola di Fellini che aveva conosciuto sul set  de Il bidone il personaggio che servirà da spunto per Le notti di Cabiria.
Nel frattempo, La strada continua a mietere successi in tutto il mondo fino a giungere al premio Oscar che viene consegnato a Fellini il 27 marzo 1957, pochi mesi prima dell'uscita del film che lo porrà, di nuovo, all'attenzione della critica mondiale.                                                                           

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