6.4 Hollywood sul Tevere
Mentre l'Italia è conquistata dalle innovazioni tecnologiche che sembrano ormai alla portata di tutti, Fellini insiste invece a mostrare personaggi ai margini della società, che si arrabattano a vivere in condizioni anomale, con crisi di coscienza che li rendono incapaci di accettare la propria vita.
Come mai questa continuità sul medesimo soggetto, mentre sugli schermi gli altri registi si concentrano sulle forme delle maggiorate fisiche o sulle riflessioni sui massimi sistemi? In realtà Il bidone è l'ennesimo nostalgico saluto ad una parte della sua giovinezza e della storia d'Italia che se ne va, ultimo omaggio agli artisti dell'imbroglio. Ma quanto sia anacronistico nell'Italia del 1955 un personaggio di tale fatta è rimarcato dal scontro finale con i complici della truffa del Monsignore, viscidi e disgustosi, che considerano il bidone semplicemente un'alternativa al furto, alla rapina, allo spaccio, all'omicidio.
Quanto sono emarginati i personaggi del film tanto lo stesso è emarginato dal pubblico italiano. Le classifiche dell'anno pongono in risalto il fenomeno Lollobrigida che è in testa con La donna più bella del mondo, una coproduzione italo-americana diretta da R.Z. Leonard, con 1.673.000 d'incasso. A ruota seguono il celeberrimo Marcellino pan y vino di Vajda, apologo sentimental-religioso che ha commosso intere generazioni di parrocchiane. Nei primi dieci incassi, a parte il solito Totò presente con due film, figurano Pane amore e ... di Comencini, dove primeggia il fascino della Loren, e Don Camillo e l'on. Peppone di Gallone. E' invece da considerare a parte Guerra e pace (anch'esso una coproduzione) di King Vidor, uscito da pochissimo e situato solo al settimo posto, nella classifica stagionale, con quasi 614 milioni introitati, ma che nelle prime visioni ha battuto ogni record.
I dati degli incassi annuali danno però conto di un malessere dell'industria cinematografica. Diminuiscono infatti gli incassi e gli spettatori soprattutto nei film italiani. Inoltre tra i migliori incassi dell'anno solo Il ferroviere di Germi si occupa di tematiche sociali rilevanti, mentre tutti gli altri rientrano nel filone della commedia all'italiana o sono polpettoni sentimentali che attingono al repertorio, ormai esaurito, del melodramma.
Trionfano, invece, le pellicole made in USA che costituiscono più della metà delle pellicole in circolazione in Italia nel 1956. I film statunitensi sono, infatti, 3.058 contro i 1.515 italiane, ma incassano il 63 per cento circa della spesa annuale del pubblico nel cinema, con una rendita media di poco inferiore ai 23 milioni e ottocentomila. Le pellicole italiane introitano, invece, mediamente 21 milioni e settecento mila circa. Alle altre nazioni vanno le briciole e le cinematografie dell'intero blocco comunista, compresa la Cina, sono presenti con solo 69 film che rappresentano l'1,1 - 1,2% del totale.
Da questi dati è facile dedurre quanto fossero fuorvianti e strumentali le polemiche tra la critica schierata a sinistra e quella di ispirazione cattolica o filogovernativa. Il dato reale è che, al di là degli schieramenti ideologici, l'industria Hollywoodiana era capace di fornire, insieme agli artigiani della commedia all'italiana, dei modelli e dei personaggi in cui per la popolazione era facile riconoscersi o per cui era possibile parteggiare.
Questo non riesce invece agli epigoni del cinema neorealista e al cinema cosiddetto d'autore (non a tutto ovviamente). Inizia, forse, una divaricazione tra pubblico italiano e cinema italiano che è, probabilmente, tra le radici del disamore verso la produzione nostrana che gli spettatori hanno dimostrato nei decenni successivi. Le riflessioni di natura ideologica o spirituale di fatto non riguardano la maggior parte della popolazione che solo in parte partecipa al confronto tra capitalismo e marxismo in atto negli anni cinquanta.
Il lungo inseguimento alla ricchezza si sta, infatti, concludendo. Nessuno osa pronunciarlo ma ci sono i sintomi della ripresa della nazione che si avvia ad entrare nel mondo industrializzato, alla pari con le grandi potenze mondiali.
Su questa ”grande illusione”, che non tiene conto della influenza partitocratica e dei monopoli industriali che determinano ogni passo dell'economia nazionale, si basa l'equivoco che ha tenuto l'Italia per quasi 50 anni in una democrazia bloccata.
E' un mondo, però, che non prevede diritto di cittadinanza per gli emarginati - come il vagabondo Zampanò, il fucinatore d'ilarità Checco, il bidonista Augusto - e in cui gli ingenui - Gelsomina, Ivan e Wanda - soccombono di fronte a chi usa la forza e l'astuzia per ritagliarsi il proprio angolo di cielo nella nuova Italia.
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