6.3 La rottura del fronte delle sinistre
6.3.1 La generazione del '56
Tuttavia, già nel '55, si possono notare i primi frutti della maturazione culturale dell'Italia. E' di quell'anno la realizzazione di parte del dettato costituzionale che ancora non era stato assolto dal Parlamento. Vedono la luce, infatti: la Corte Costituzionale, il Consiglio Superiore della Magistratura e il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. Rimane, invece, irrealizzata la parte relativa alle regioni che verrà attuata solo 15 anni dopo.
In Parlamento viene intanto eletto Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, esponente di rilievo della DC, con i voti favorevoli di socialisti e comunisti.
Il 1956 è un anno molto "caldo" a livello mondiale. Alcuni avvenimenti scuotono l'opinione pubblica internazionale, già in tensione per la "guerra fredda". Tre eventi si impongono: anzitutto il rapporto segreto del XX congresso del Partito Comunista sovietico (reso noto dagli statunitensi) che svela le nefandezze compiute da Stalin; poi segue la crisi del canale di Suez (29 ottobre - 22 novembre); infine, l'intervento armato dell'Unione Sovietica in Ungheria per sopprimere il governo democratico di Imre Nagy (3 novembre).
Questi avvenimenti rendono, per molti versi, il 1956 un anno essenziale nella storia della cultura italiana tanto da divenire un'etichetta per una generazione di poeti.
La definizione "generazione del '56" si deve a Giovanni Raboni che sottolinea come "avere vent'anni (o, si capisce, qualcuno di più o qualcuno di meno) nel 1956 ha voluto dire formarsi e crescere in un clima fortemente segnato dalla caduta delle certezze ideologiche e dalle speranze di mutamento sociale che avevano caratterizzato il primo decennio postbellico e, d'altra parte, dall'affiorare di nuove diversissime certezze e speranze - quelle del progresso tecnologico e nell'internazionalizzazione della cultura - che avranno il loro più tipico rigoglio agli inizi degli anni sessanta".
Se, infatti, la condanna del mito di Stalin e la rassicurante figura di Kruscev avevano dato nuove speranze di pace al mondo occidentale, l'intervento dei carri armati in Ungheria distrugge ogni illusione e provoca una serie di riflessioni di natura politica anche all'interno del monolitico partito comunista italiano. Sotto l'ombrello del "migliore", il PCI riesce a limitare i danni alla propria credibilità mantenendo in dimensioni accettabili il dissenso e perdendo solo alcuni parlamentari, sia pure autorevoli come Antonio Giolitti, considerato da molti il delfino di Togliatti.
Più grave è, invece, la situazione della CGIL, il sindacato che fa riferimento al Partito Comunista. L'offensiva padronale riesce, infatti, ad ottenere importanti risultati tanto che nelle elezioni del 1955 per le commissioni interne alla Fiat, la CGIL, per la prima volta nel dopoguerra, perde la maggioranza assoluta. Parte da questa sconfitta la nuova strategia del sindacato che passa dalla contrattazione centralizzata del contratto di lavoro ad una articolata, con accordi decisi settore per settore e azienda per azienda, riavvicinando così la dirigenza sindacale alla base.
A controbilanciare gli avvenimenti in terra d'Ungheria, ha, d'altro canto, pensato l'esplosiva situazione del Medio oriente. Un attacco congiunto di Israele, Francia e Gran Bretagna tenta di togliere dalle mani di Nasser il controllo assoluto del Canale di Suez. Questa guerra fornisce un’ottima un'arma di propaganda contro l’"imperialismo" del blocco occidentale.
Il contraccolpo più rilevante nella politica interna italiana viene comunque dall’invasione sovietica in Ungheria che fornisce al PSI la legittimazione a rompere l'alleanza politica con i comunisti. Iniziano così contatti e intermediazioni che hanno l’obiettivo di avvicinare il PSI alla Democrazia Cristiana, guidata in quel momento da un'esponente della sinistra interna Amintore Fanfani. Il dibattito ha per fine la formazione un governo di centro - sinistra. Questi contatti danno il via ad una serrata polemica tra le due forze di sinistra. Quando Togliatti paragona l'azione dell'esercito russo in Ungheria all'appoggio fornito alla Repubblica spagnola durante la guerra civile. Nenni insorge denunciando il confronto storico come assolutamente falso e ciò porta il PSI a non rinnovare il patto di unità d'azione per la prima volta dopo la guerra.
6.3.2 Nascono le partecipazioni statali
Si rafforza, intanto, l'invadenza dei partiti nell'opinione pubblica. Con la legge del 22 dicembre 1956 viene istituito il Ministero delle Partecipazioni Statali. Nonostante questo ministero si proponga di fungere da contraltare ai monopoli privati, la cooperazione tra azionisti pubblici e privati non entusiasma neppure uomini lontanissimi dal liberismo codino della Confindustria. Ernesto Rossi, fustigatore del malcostume italiano dalle pagine del Mondo, esprime la sua preferenza per le nazionalizzazioni secche piuttosto dell'ibrido costituito dalle partecipazioni statali. Egli afferma: "L'Istituto della società per azioni è nato e si è sviluppato quale strumento per scopi di carattere esclusivamente privato: volerlo adoperare per fini pubblici è assurdo [..] Il sistema dell'azionariato misto ha come necessaria conseguenza l'immeritato arricchimento degli azionisti privati, soci dello stato, tutte le volte che il governo, mosso da ragioni di interesse collettivo, aiuta le società di cui è azionista a reggersi in piedi od a sviluppare la produzione al di là di quanto potrebbe essere sviluppata con i loro mezzi ordinari. Inoltre è un sistema che rende allo stato molto più difficile chiudere gli stabilimenti situati nelle località non convenienti e concentrare la produzione per far raggiungere alle aziende le dimensioni ottime e tipizzare i prodotti."
Quello che sfugge all'opinione pubblica è che, al di là dei proclami, la proliferazione di enti a partecipazione statale serve alla DC, ed in modo particolare ad Amintore Fanfani che incarna lo spirito della seconda generazione democristiana, per rimpinguare le scorte di consenso e di potere venuto a mancare con il declino dell'età degasperiana.
L'economia italiana continua, intanto, nei suoi progressi, anche se questi dipendono prevalentemente dalla domanda interna. Il tasso di crescita del prodotto interno lordo è in media del 5,5%; e i maggiori investimenti non sono nelle industrie esportatrici, ma nell'edilizia, nei lavori pubblici e nell'agricoltura.
Questa mancanza di programmazione facilita la iniziativa privata nelle regioni più ricche ma crea al tempo stesso uno squilibrio delle infrastrutture tra nord e sud che è alla radice della persistente ed irrisolta "Questione meridionale".
Questi problemi non sono però diffusi presso l'opinione pubblica che sta vivendo quello che sarà chiamato il “Boom economico”.
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