9.2 La dolce vendetta
9.2.1 Un'operazione commerciale
Boccaccio '70 è un'operazione che vede coinvolti oltre a Fellini, altri importanti autori come Visconti, De Sica e Monicelli. Il titolo richiama allusivamente immagini erotiche o licenziose. I produttori hanno infatti deciso di puntare su questo titolo per sfruttare le polemiche perbeniste dell'anno precedente e per attaccare frontalmente la censura. Fellini, che ha appena fondato insieme a Rizzoli la casa produttrice Federiz, accetta di girare un episodio per sfuggire al lavoro di produttore, che ha scoperto di non amare, e ad una personale crisi creativa. Le tentazioni del dottor Antonio è così un semplice divertissement che gli consente di sperimentare per la prima volta nella sua carriera il colore e, contemporaneamente, gli permette di prendersi una piccola rivincita contro coloro che lo avevano attaccato per La dolce vita, deridendoli pubblicamente.
Il titolo è una parodia delle Tentazioni di S. Antonio di Flaubert, ma al di là del richiamo letterario, l'episodio resta una semplice parodia che non ricopre enorme importanza nella cinematografia felliniana.
Presentato a Cannes il film, che comprendendo gli altri tre episodi dura circa 4 ore, viene accolto senza particolare entusiasmo dalla critica. Il pubblico, invece, ne decreta il successo al botteghino. L'incasso finale è di 1 miliardo e 120 milioni, il terzo della stagione.
Le recensioni critiche sono abbastanza concordi nel dire che l'episodio diretto da Fellini ha nella prima parte il suo punto di forza, mentre il finale registra qualche caduta di tono. Complessivamente il giudizio resta positivo e anzi la parte felliniana risulta la più gradita alla stampa specializzata. Molto spesso i critici si schierano a fianco del regista contro i moralisti che cercano di aizzare l'opinione pubblica contro un'opera d'arte.
9.2.2 "La miglior vendetta è il perdono"
Reazioni nettamente contrastanti, invece, giungono dai giornali e dai periodici vicini a Dc e Chiesa cattolica che reagiscono agli sberleffi con un'altezzosa sufficienza che nasconde malamente fastidio e, in alcuni casi, livore. Esemplare è un articolo di Gian Luigi Rondi che invita un altro critico, Ettore Della Giovanna, ad insegnare al cineasta che "la miglior vendetta è il perdono". Rondi chiede di guardare a "quale rango di vendicativo libello, di acido pamphlet è sceso il cattolico Fellini nel suo episodio intitolato (solita mescolanza di sacro e profano) Le tentazioni del dottor Antonio." Successivamente aggiunge: "Il pio Fellini si è buttato a capofitto a far la parodia più velenosa di tutti quanti detrattori della sua Dolce Vita [...] Caricaturando questo personaggio ha messo alla berlina gli ambienti cattolici, i boyscouts, i censori, le beghine, le funzioni religiose (senza la consulenza, speriamo, del suo Padre Arpa), l'On. Scalfaro [..] e tutti quelli che non hanno speso un milione di parole elogiative per esaltare a suo tempo La dolce vita. [..] Non ci fa velo la sua scarsa carità cristiana tanto che ci sentiamo senz'altro di scrivere che, nelle prime pagine del suo racconto, anche là dove la caricatura è più malevola, se l'è cavata con molto humour [..] Dopo, però, casca l'asino, perché il pamphlétaire vendicativo si da anima e corpo al surrealismo e si abbandona a tali divagazioni da lasciarci a dir poco interdetti per il suo scarso buon gusto e per la vacuità della sua fantasia." Rondi si distingue per la durezza anche rispetto a giornali più schierati come Il Popolo, quotidiano della DC, che mette in rilievo cadute di tono nel finale senza mai giungere alla veemenza mostrata dal critico di Rotosei. A proposito di Rondi è da far notare come fosse poco amato da molti registi al punto che sembra che Pasolini gli abbia detto in un'occasione: "Sei così ipocrita che quando arriverai all'Inferno crederai di essere in Paradiso."
Fellini, che non bada più alle vicende commerciali dell'episodio, cerca di superare la crisi sempre più grave che lo attanaglia realizzando un nuovo film. Tuttavia, sopralluoghi, discussioni e ricerca del cast gli confondono sempre più le idee; il personaggio fondamentale resta avvolto nella nebbia, indefinibile. Intanto si comincia a preparare i set in cui si dovrebbe girare, senza che Fellini riesca a trovare una idea risolutrice. Il problema fondamentale resta la professione del protagonista; inizialmente è un architetto, poi un romanziere, poi uno sceneggiatore, infine la rivelazione: è un regista. Fellini non vuole ammetterlo, ma quel regista è lui.
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