Maurice
All’inizio di questo paragrafo si è accennato a quanto i due personaggi siano complementari e necessari l’uno all’altro nella definizione delle loro peculiarità. In effetti un’analisi più attenta ci permette di rilevare quegli indizi che fanno di Maurice e Silien una specie di giano bifronte.
Fra i due Maurice, potrebbe essere il personaggio che più si avvicina alla tradizione del noir USA. Il suo sguardo triste e rassegnato e il suo portamento greve richiamano quello di Humphrey Bogart ne Il mistero del falco. Come è stato già affermato, Maurice ha molto da spartire con quel tipo di eroe cinico e disilluso che vive un momento di angoscia esistenziale, evidente nel modo in cui agisce e nelle parole di chi gli sta intorno. Già dalla prima sequenza è possibile raccogliere tutta una serie di indizi che creano l’immagine di un uomo il cui passato di brillante e temuto criminale pesa su un corpo e uno spirito affaticati dalla prigione e dalla totale sfiducia in se stessi. Nel lungo attraversamento del marciapiede sotto il ponte ferroviario, con le mani in tasca, lo sguardo distante e pensieroso e il passo cadenzato e riflessivo, come anche nella breve pausa alla fine del marciapiede, leggiamo i primi segni del suo tormento esistenziale.
Melville in questa sequenza, sceglie di precedere l’uomo posizionando la macchina da presa al di qua del marciapiede, angolandola fortemente da sinistra e facendo in modo che molto spesso la sua figura si trovi intrappolata fra i piloni del ponte e schiacciata dalla sua superficie. In più, il regista decide di osservarlo in F.I., di non avvicinarsi mai, se non alla fine della sequenza, con uno zoom in avanti sul suo viso. Questo intenso P.P. nel quale lo sguardo di Maurice sembra perdersi nella desolazione della periferia, è il primo dei pochi momenti che ci vengono concessi per cercare di entrare nella psicologia del personaggio. Il secondo e forse il più importante arriverà nella sequenza successiva, quando Maurice entrato in casa di Gilbert, osserva il riflesso del suo volto nello specchio rotto, accanto alla porta.
Una semi-soggettiva ci mostra Maurice in PPP di spalle e sul lato sinistro dell’inquadratura, mentre la sua immagine deformata è riflessa dallo specchio: un taglio lungo l’estremità in basso a destra dello specchio, raddoppia la sua bocca, luogo in cui risiede la menzogna e la verità, la fonte del tradimento. Un nuovo indizio che ci lascia credere quello che i titoli di testa ci avevano suggerito. Maurice è l’informatore. Ma ci dice molto di più: figurativizza l’idea del doppio e della menzogna che percorre l’intera filmografia melvilliana. Ognuno è il doppio di se stesso e Maurice è il doppio di Silien in uno scambio continuo di ruoli con il quale il regista si diverte a giocare. A questo si aggiunge per rafforzare il concetto, la frequente frantumazione del suo corpo moltiplicato in ombre che lo sovrastano, lo precedono o lo seguono.
Non è però l’unica informazione che quest’importante inquadratura ci fornisce. Ricordando lo sguardo severo e triste di Bob e la sua esclamazione “ Belle gueule de voyou”, il regista utilizza questo momento, come l’unica occasione che Maurice e più in generale tutti gli eroi melvilliani hanno per fare i conti con se stessi, l’unico momento di verità assoluta, in cui lo spettatore può entrare nella personalità del personaggio. Il disprezzo che leggevamo fra le righe di quell’esclamazione di Bob è qui condensato nel leggero movimento dall’alto verso il basso della testa di Maurice e nel suo sguardo severo.
Subito dopo, l’incontro con Gilbert ci permetterà di comprendere l’intensità di un personaggio tormentato continuamente diviso fra la sua natura debole e fallimentare e il tentativo di nasconderla. Tenta di costruire un’immagine di se vicina a quella dell’eroe/asceta indossandone l’uniforme, ma il bluf è presto svelato dal riferimento al cibo. Il vero eroe melvilliano non manifesta desideri e bisogni legati alla natura dell’uomo e alla sua quotidianità. Invece il dialogo con Gilbert si costruisce su due livelli uno dei quali è il continuo riferimento al cibo:
Gilbert: “Tu as mangé?”
Faugel: “Non”
Gilbert:”Tu as du ragout dans la cuisine”
Faugel: “ Pas faim”
Maurice tenta di nascondere le sue debolezze affermando di non avere fame, ma probabilmente Gilbert lo conosce così a fondo da non lasciarsi ingannare. Infatti, se da un lato Maurice si vuole mostrare un duro, dall’altro non perde occasione per manifestare il suo malessere e dunque la sua debolezza. Gilbert si preoccupa per lui, per il suo futuro e lo spinge a compiere il furto per riscattarsi sottolineando quanto l’affare sia facile, ma proprio questa facilità è un motivo di turbamento per il nostro personaggio:
“ Je n’aime pas les trucs simples, il y six ans c’était simple aussi”
L’intenso P.P. frontale sul viso di Maurice con lo sguardo perso in quel passato tanto pesante, insinua in noi un senso di fiducia nei suoi confronti. Sembra sincero come il suo legame con Gilbert. Perché allora quel gesto? Perché uccidere un amico? La doppiezza del personaggio si manifesta in tutta la sua forza: Maurice resosi troppo vulnerabile ha dovuto compiere un gesto che lo riavvicinasse a quell’immagine di eroe/asceta che cerca disperatamente di costruirsi. I primi segni del crescente nervosismo dell’uomo si hanno quando Gilbert annuncia l’imminente arrivo di Nuttecchio.
“ (…) Ce qui ne m’empêche de pas penser que c’est la pire des ordures(…)” : il suo giudizio su quest’uomo è categorico, anche se inizialmente non siamo in grado di capire il perché. Qualche battuta dopo, Maurice parlerà di Nuttecchio come di un traditore ancora più subdolo e marcio di quanto sembra essere Silien:
“Entre les ragots sur Silien et les relations qu’entretiens Nuttecchio avec les poulets, il y a une mesure. Tu veux que je précise?”
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