Maurice
Melville ridicolizza più volte le sue azioni che messe a confronto con quelle di Silien rivelano la sua imprecisione e debolezza.
Innanzitutto quando dopo aver ucciso l’amico elimina le possibili tracce d’impronte digitali, ma nella fretta rompe il pomo della ringhiera della scala, sul quale Melville si sofferma qualche istante. Nella stessa sequenza poi, lo scavare concitato e nervoso di Maurice si oppone ai gesti lenti e misurati di Silien, nella sequenza in cui recupera i gioielli e la pistola che il primo aveva nascosto.
Il furto a Neuilly sembra poi tutta una farsa, iniziando dal viaggio in metropolitana che i due uomini fanno per raggiungere la casa: un’altra inquadratura, un dettaglio in plongée sulle scarpe che indossano Maurice e Rémy. Delle scarpe da ginnastica identiche che ricordano vagamente le scarpe di un clown e l’insistenza con la quale Melville vi si sofferma non permette di sottovalutare questo dettaglio. Come anche lo stesso abbigliamento fa riflettere: perché Maurice ha voluto sostituire l’uniforme dell’eroe melvilliano con un semplice giubbotto, privandosi anche del cappello? Un altro errore di valutazione dunque che ha fatto si che Maurice pensasse di riuscire senza quella corazza, la cui mancanza provoca sempre la sconfitta dell’eroe melvilliano. Ma forse è l’ennesimo segno che siamo in presenza di un non-eroe.
Tutto il furto si svolge con i toni della farsa: il piccolo barboncino che fa da guardia alla casa, le dita a mò di pistola con cui Maurice minaccia l’uomo uscito a zittire il cane e la frase che l’uomo esclama, “Bande d’apache”, fanno pensare più al gioco di bambini che non al lavoro di professionisti. L’impreparazione si manifesta poi in modo tanto puntuale da non lasciare più dubbi sulla sua natura. Se Silien prevede sempre tutto, anticipa e porta con se il necessario perché tutti i suoi gesti siano precisi ed essenziali, Maurice non è in grado: deve cercare un fazzoletto per coprire il viso dell’uomo ed è costretto a strappare il cavo del telefono per legare le sue mani. Per farlo lascia libere le mani del vecchio non pensando che questi avrebbe potuto alzarsi, levarsi la benda e vedere in viso i due uomini. Lo stesso Rémy non è da meno: per ben due volte urta un tavolino rischiando di far cadere un vaso in ceramica. La prima volta commenta con un’espressione che fa riflettere: “On commence bien!” come se fosse già cosciente di quello che sta per accadere. La polizia arriva presso la villa per arrestarli e il furto si trasforma in un doppio omicidio: Maurice è costretto ad uccidere Salignari che a sua volta poco prima di morire riesce ad uccidere Rémy e a ferire Maurice. Ferimento che ricorda quello di Jef durante l’incontro con il sicario e che pone nuovamente l’accento sulla grande differenza fra le due categorie di eroe.
Mentre Jef arriverà a casa e curerà da se la ferita, la pallottola nella spalla di Maurice causerà il suo svenimento.
Per fortuna un Silien tempestivo riuscirà a nasconderlo dalla polizia. Anche in questo caso l’emotività di Maurice lo indurrà in errore. Due esclamazioni ci fanno capire quanto questi non sia in grado di comprendere la realtà dei fatti: “Saloperie de Silien” dirà scappando dalla casa, perché convinto che sia stato lui a denunciarlo; “Thérèse” esclamerà poco prima di svenire, perché convinto che l’automobile che arriva in suo soccorso sia guidata da lei.
Come Gu e Bob, Maurice dimostra di non essere autosufficiente e di avere sempre bisogno dell’aiuto di qualcuno.
Le sequenze dei due interrogatori a Silien e poi a Maurice segnano il momento di passaggio alla seconda parte del film, quella in cui Silien diventa il protagonista assoluto e tutte le sue azioni fino ad ora impossibili da interpretare inizieranno ad assumere senso.
Interessante un’analisi comparata dei due interrogatori. L’incontro fra Clain e Silien precede di poche ore l’arresto di Maurice.
Il rapporto dei due uomini con Clain è completamente diverso. Se infatti Silien viene invitato a seguire il commissario e gli ispettori, per quello che sembra più uno scambio di idee che un interrogatorio, per Maurice si tratta di un vero e proprio interrogatorio con conseguente arresto. Al contegno e alla calma di Silien e al tono pacato della conversazione con Clain, si contrappone il nervosismo di Maurice, la sua viltà e i toni accesi con cui Clain si rivolge all’uomo accusandolo dell’omicidio di Gilbert e indirettamente di quello di Salignari. Maurice ammanettato, seduto sulla sedia accanto alla scrivania, spalle curve, sguardo basso e espressione di chi si sente vittima di un errore giudiziario, mostra nei vani tentativi di salvarsi, tutta la sua viltà. La differenza con Silien è chiara: lui vero eroe/asceta non si sarebbe mai fatto scoprire dalla polizia né tanto meno avrebbe messo in atto gli stratagemmi più degradanti per salvarsi la pelle. Certo entrambi mentono al commissario, ma mentre Silien lo fa con un savoir faire che lo rende assolutamente credibile, Maurice sembra arrampicarsi sugli specchi. Col capo basso e inquadrato sempre di profilo (per sottolinearne l’ambiguità e la meschinità), s’improvvisa addolorato per la morte del suo caro amico Gilbert
“ Gilbert Varnove était mon ami. C’est lui qui m’a hébergé à ma sortie de prison. Je ne l’ai pas tué.”
pronunciando queste parole con una solennità che le farebbe sembrare vere se solo non conoscessimo la verità e se non fossero in contrasto con le scelte di ripresa del regista: insistere sul profilo dell’uomo a testa bassa, nascondendoci il volto, non fa che accentuare la falsità dei suoi discorsi.
Per tutta la sequenza abbiamo la conferma che l’opinione diffusa secondo cui Maurice abbia perso la propria dignità è più che una realtà. Se fosse stato un vero eroe melvilliano avrebbe innanzi tutto creato un alibi forte (come nel caso di Jef) per evitare di essere incastrato e soprattutto avrebbe tentato in modo tanto vile, di spostare l’attenzione del commissario sui complici del furto della rue Mozart (Nuttecchio e Armand) per dimostrare la sua innocenza. Insomma gli errori sono tanti e tali da condurlo alla prigione e da provocare il disprezzo dello stesso commissario che, se nei confronti di Silien mantiene dei toni e degli atteggiamenti profondamente rispettosi, nei confronti di Maurice ha dei tali scatti d’ira che si concludono con azioni violente, come strattonarlo per il bavero dell’impermeabile, oppure levargli il cappello dalla testa come se lui non fosse degno di indossare l’uniforme dell’eroe melvilliano.
Per non parlare del gesto che il commissario compie rivelando allo spettatore che è già al corrente dei fatti: mentre, infatti, spiega a Maurice il movente che lo ha portato ad uccidere Gilbert, stringe la sua spalla ferita e la colpisce perché in realtà è già al corrente del coinvolgimento di Maurice nell’affare di Neuilly e nella morte di Salignari.
Se poi ci concentriamo sulle scelte di angolazione della macchina da presa, sulla posizione di Maurice rispetto a Clain e sul diverso tipo di montaggio al quale il regista ricorre per raccontare l’interrogatorio, ci rendiamo conto di come Melville abbia cercato di sottolineare la differenza di Silien e Maurice.
Il primo interrogatorio è interamente girato in piano sequenza con Silien in piedi con le spalle al muro e l’immancabile sigaretta fra le dita. La macchina da presa segue il commissario che si muove a 360° per l’ufficio, riprendendo entrambi in modo da non creare degli squilibri. Nella sequenza con Maurice invece la figura del commissario in piedi, sovrasta quella di Maurice costringendo quest’ultimo ad alzare la testa per poterlo guardare in volto.
Melville sottolinea in questo modo la debolezza di Maurice, che se da un lato tenta di salvare la sua dignità, dall’altro gioca un po’ sul fatto di essere oramai un uomo finito, per crearsi un alibi convincendo la polizia di non essere più in grado di partecipare ad una qualsiasi azione criminale.
Il montaggio aiuta a rimarcare il nervosismo del commissario, infastidito dai vari tentativi di Maurice di prendersi gioco di lui e sottolinea i momenti di più alta tensione.
Per completare il profilo di questo personaggio è necessario soffermarsi sull’ultima sequenza nella quale improvvisa una folla corsa per salvare il suo amico Silien che si rivelerà essere l’ultimo grande fallimento. La sua morte come quella di Silien saranno il risultato di un equivoco, la loro morte sarà una banale casualità, ma se per Maurice le implicazioni risultano essere non tanto gravi, per Silien sarà un vero e proprio smacco. Il destino di Maurice, come quello dell’eroe del noir è un destino di morte dei cui segni è intriso ogni istante della sua vita e ogni sua parola. Per Silien invece le cose sono diverse: la sua morte è tanto beffarda quanto la sicurezza della sua onnipotenza. In questa morte imprevista Silien si ricongiunge con l’amico perché inscindibili, mostrando come sia molto più vicino al tipo di eroe incarnato da Maurice di quanto abbia tentato di farci credere per tutto il film.
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