Dossier:

Federico Fellini: Oltre l'estetica neorealista a cura di Giovanni Scolari

Luci del varietà (1950)
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2.3 Il primo dopoguerra: una lenta ripresa

2.3.1 1950 anno di tensioni

La scomparsa di questa forma di spettacolo  può sembrare in sé poco importante. Tuttavia proprio l'esame al microscopio di questo mondo può permetterci di comprendere parte dell'evoluzione dell'identità culturale dell'Italia dalla guerra fino al cosiddetto boom economico. Per arrivare a questa definizione è però necessario tracciare un quadro della situazione economica della nostra penisola al momento della realizzazione del film (1950), aiutati in questo dalle vicende narrate in Luci del varietà.
La situazione è ancora difficile. I passi compiuti da De Gasperi per avvicinare l'Italia sempre più alle potenze occidentali creano una lacerante contrapposizione nella società civile, aggravata dall'intervento statunitense in Corea del Sud dopo che il 25.6.1950 i nordcoreani avevano oltrepassato con il proprio esercito il 38° parallelo che fungeva da confine tra i due stati.
Nei primi mesi del 1950 nella nostra penisola l'atmosfera si fa sempre più tesa. Il 9 gennaio la polizia apre il fuoco a Modena durante una manifestazione operaia causando sei vittime. La forte reazione dell'opinione pubblica che ne scaturisce contribuisce alla decisione di De Gasperi di dare il via alla riforma agraria e ad alcune misure compensative per il Mezzogiorno, così attardato sul piano economico, allo scopo di alleggerire le forti tensioni sociali.
Tali fatti, naturalmente, non traspaiono all'interno della pellicola. Ad una superficiale osservazione, infatti, questi guitti sembrano non accorgersi di quello che accade al di fuori del loro mondo. Questo è del resto una peculiarità di tutta la prima parte dell'opera felliniana. E' piuttosto il loro modo di vivere, la loro mentalità, l'arte di arrangiarsi, i mezzucci usati per sopravvivere che fanno cogliere il "clima" economico - sociale generale che fa da contorno e supporto alle loro vicende personali. In qualche modo si potrebbe dire che essi "esistono" come personaggi proprio in quanto lo sfondo li "legittima" ad essere tali. Dunque, al contrario di quanto appare, essi "sono" nel mondo e ne sono un aspetto tutt'altro che irrilevante. E quando scompaiono dai film è perché in effetti il mondo ha virato, ha intrapreso un'altra strada nella quale essi non hanno più non solo una legittimazione  ad esistere, ma neppure vengono "tollerati" come fantasia o immaginazione. In una parola entrano nell'inerte passato.

2.3.2 Vivere tra l'onore e la fame

All'inizio del film viene mostrato il cartellone dello spettacolo. Sopra vi si può leggere il costo del biglietto. In questo piccolo paesino della provincia laziale una serata con avanspettacolo e film western costa 110 lire per una poltrona e 75 per un posto tra i distinti. Inoltre vengono previste le riduzioni per ragazzi e militari che possono entrare pagando solo 50 lire. Grazie a questa immagine è possibile fare un raffronto con il costo dei biglietti sul territorio nazionale. Nel 1950 il prezzo d'ingresso medio per uno spettacolo di rivista era di lire 529, per uno di varietà 148, di un film 346. Un altro dato interessante si riferisce alla sola Italia centrale dove teatro e rivista costavano rispettivamente 297 e 142 lire.
Appare dunque evidente che le zone battute dalla compagnia teatrale erano particolarmente depresse, anche in considerazione del fatto che uno spettacolo di questo tipo non doveva giungere spesso in quelle località. La povertà risulta maggiormente visibile quando a Sutri, piccolo centro in provincia di Viterbo di circa duemila abitanti, i guitti vengono ospitati da un avvocato che si intuisce esser parte della "ricca borghesia" del paese, o almeno di quella che in quelle condizioni sembrerebbe essere tale. L'avvocato, infatti, segue la rivista da una palco in compagnia di un dottore e di un presunto duca. Ma più che all'arte, i tre sembrano interessati solo ed esclusivamente alle "stelle" della serata, per cui snobbano le ballerine di fila che, alla fine dello spettacolo, se ne vanno con i soliti giovanotti del paese. La casa del leguleio è assai significativa del livello economico di questa borghesia di paese e di un certo tessuto economico locale che poi riflette gran parte della provincia italiana d'allora.  Essa è posta in"alto", su di una collina, anche se poi per arrivarci non esiste una strada asfaltata. Lo stesso avvocato deve recarvisi a piedi poiché, probabilmente, non dispone di propria autovettura. L'interno della casa è abbastanza spoglio, disadorno. La cucina è una grande stanza con spesse mura e grandi credenze nere; dal soffitto pendono cipolle, pomodori, salami in modo del tutto somigliante alla casa dei contadini mostrata nel successivo Il Bidone.
La dovizia di cibo presente nella cucina dell'avvocato esercita sui guitti un richiamo irresistibile; che contrasto con i magri pasti da loro consumati sui treni o nelle osterie! Un buon piatto di pasta e una bottiglia di gustoso vino sono i mezzi di cui si serve il legale per tacitare le coscienze dei commedianti mentre cerca di concupire Liliana. La fame non era d'altro canto fatta solo dagli artisti. Nel 1950 il consumo annuo pro capite degli italiani è di 165,5 Kg di frumento contro i 180 del decennio 1921-31; 6,9 Kg di carne bovina, l'ammontare più basso mai registrato tra il 1916 e il 1939; 6,5 Kg di uova, quota irrisoria nel periodo 1926-50; 79,8 litri di vino, immesso nel mercato in quote inferiori solo in pochissimi altri anni. A questo bisogna aggiungere che quasi 4 milioni e mezzo di famiglie non mangiavano mai carne e altre tre milioni la consumavano una volta alla settimana. Esaminando poi le condizioni abitative si scoprirà che: il 76% delle case è provvisto di cucina; il 52% di acqua corrente; il 27% del bagno; il 7% di telefono. Non sono dati che debbono sorprendere in quanto nel 1951 ancora il 3% delle famiglie - circa 870.000 - viveva in abitazioni improprie (cantine, soffitte, baracche, grotte), mentre il 21% abitava in appartamenti sovraffollati (più di due persone per stanza).
Nonostante questo l'Italia, o per meglio dire una parte di essa, si stava avviando verso il risanamento. Nel 1950 la bilancia commerciale presenta, per la prima volta dopo la guerra, un saldo positivo. La società italiana è ancora fortemente influenzata dall'agricoltura che nel 1951 contribuisce per il 20% alla formazione del  prodotto interno lordo e con il 44% alla occupazione. Le regioni più industrializzate risultano essere Piemonte, Lombardia e Liguria. Tutte  le altre vengono considerate scarsamente industrializzate; nel caso di Puglia, Campania, Basilicata, Abruzzo e Molise, Calabria e Sicilia, zone in cui gli occupati nell'industria scendevano al di sotto del 5% della popolazione, lo sviluppo del settore era assolutamente insufficiente.
Proprio le regioni settentrionali sono le beneficiarie della politica di "sviluppo infrastrutturale" intrapresa o facilitata dal governo che porterà poi alla intensa emigrazione dei decenni successivi. In questi anni Roma riafferma la sua presa sull'immaginario collettivo grazie anche alla inesauribile azione del Papa che con l'anno santo del 1950 ridà slancio alla sua immagine nel mondo. Anche il cinema e Cinecittà riprendono vigore, incoraggiando sogni proibiti e speranze di successo illusorie che trovano sfogo nella enorme diffusione dei fotoromanzi. Le vicende cinematografiche di Fellini tornano dunque ad intersecarsi con i miti degli italiani in una nuova pellicola, la prima diretta da solo, Lo sceicco bianco.

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