Dossier:

Federico Fellini: Oltre l'estetica neorealista a cura di Giovanni Scolari

Luci del varietà (1950)
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2.4 Una cultura in dissolvenza

2.4.1 Sesso e doppi sensi alla ribalta?

Si dovrebbe a questo punto trarre delle conclusioni per dare un senso alla analisi di questo film. Non è però facile per via della difficoltà di reperire dati oggettivi al proposito.  Si può però dire che l'avanspettacolo beneficia, come tutta la società italiana del resto, di un'improvvisa e inaspettata libertà che si trasforma rapidamente in una stagione eccezionale di licenziosità e di turpiloquio. Maestro delle cerimonie è considerato l'inventore dell'Uomo Qualunque Guglielmo Giannini che dai giornali chiama "ederasti" i repubblicani e "Andreottino Culicide" il sottosegretario alla Presidenza del consiglio. Dopo il 1948 si assiste alla controffensiva dei cattolici che, grazie alla ritrovata efficienza della censura, chiudono ogni spiraglio di tolleranza accettando solo, ma non sempre, i doppi sensi. La reazione del Centro Cattolico Cinematografico - ente diretto dall'infaticabile Luigi Gedda, zelante braccio armato nella società civile di Pio XII -  è violenta. La recensione emette un giudizio durissimo: "Nel lavoro abbondano gli elementi negativi. Ricordiamo: il concubinaggio di Checco, altre situazioni scabrose, il dialogo spesso scurrile, costumi succinti, danze sguaiate, primi piani licenziosi. Benché la misera vita dei guitti ispiri pietà, il film risulta moralmente censurabile. La visione è esclusa per tutti.
E' da notare come il C.C.C. ponga molto l'accento sul concubinaggio di Checco. Era uscito proprio nel 1950 il libro di Luigi Renato Sansone Fuorilegge del matrimonio, una raccolta di lettere  che voleva aprire una discussione sul divorzio. Questo e altri avvenimenti inaspriscono ancora di più la sessuofobia di vescovi e preti che iniziano una martellante campagna moralizzatrice di cui ancora rechiamo i segni.
Una situazione di questo tipo porta ad una autocensura da  parte di produttori e registi, incalzati dalla silenziosa ma strisciante azione dei sottosegretari che si succedevano alla delega per il cinema (Giuseppe Ermini, Oscar Luigi Scalfaro, Giuseppe Brusasca, Raffaele Resta) che non si scostarono mai dalla linea di condotta tracciata da Andreotti.

2.4.2 Dal crudo al cotto: la fine del neorealismo

Le preoccupazioni della vita quotidiana si aggiungevano dunque ad altri fattori come la belligeranza tra le due Coree e la guerra fredda che spingevano il pubblico a cercare di esorcizzare la paura di un nuovo conflitto mondiale rivolgendosi verso film di minore impegno e verso i fotoromanzi come fanno Liliana e la giovane sposina de Lo sceicco bianco. Queste due tendenze venivano riassunte dai film di Raffaello Matarazzo  con Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson. E' in quel periodo che i due raggiungono il massimo successo, Catene trionfa ai botteghini insieme ai film di Totò che in quel periodo furoreggia con una lunga serie di pellicole di successo  tra cui il celeberrimo Guardie e Ladri di Monicelli che incassa ben 653 milioni. A fare da doloroso contrappunto è il totale fallimento di due tra le opere più importanti del dopoguerra: Miracolo a Milano incassa solo 180 milioni e Bellissima di Visconti appena 160.
L'attenzione del pubblico nostrano non si rivolge al neorealismo, nel frattempo invidiatoci da tutto il mondo, ma ai melodrammi di Matarazzo, Costa e Brignone che utilizzano elementi che esamineremo in sede più idonea.
Ritorniamo perciò all'avanspettacolo e cerchiamo di comprendere i motivi che hanno portato alla sua scomparsa nel giro di pochi anni. Qualche dato ci può essere di aiuto in questo. Dagli annuari SIAE risulta che il cinema è passato da 661.549 biglietti venduti nel 1950 a 744.781 nel 1960; nello stesso periodo tutte le attività teatrali (rivista, prosa, concerti ecc.) sono invece calati da 20.979.311 a 10.574.581.  Il calo delle presenze è di quasi il 50%, ma nel caso della rivista assistiamo alla perdita del 70% del pubblico. L'avanspettacolo era, come sappiamo, l'introduzione al film e a volte si trasformava in varietà; è impossibile quindi sapere quanti spettatori avesse. Il calo della rivista è però un dato che funge da segnale evidente della scomparsa di questo fenomeno contiguo ad essa.
E' difficile dare una spiegazione. Certamente questo tipo di manifestazione ha risentito della nuova cappa moralista, dall'avvento delle grandi riviste come della televisione. Non era più necessario rinchiudersi in quegli angusti teatri per sognare il mondo e per vedere delle donne seminude, inoltre non si poteva più far digerire al pubblico personaggi patetici come il finto indiano Edison Will di Luci del varietà senza cadere nel ridicolo. L'Italia usciva dall'isolamento culturale grazie al cinema americano e ai nuovi mezzi di comunicazione e uno spettacolo sguaiato e rabberciato mal si conciliava con le tragedie della giunonica Yvonne Sanson e con le avventure straordinarie delle star d'oltreoceano. L'ideale femminile non era più la ballerinetta da quattro soldi, ma Silvana Mangano o una delle dive di Hollywood, un mondo che si stava trasferendo proprio da noi, sul Tevere

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