10.2 Mille modi di dire IO
10.2.1 Le angosce dell'artista
L'autobiografismo del film appare fin dal titolo, Otto e mezzo, che dovrebbe essere riferito al numero di pellicole girate da Fellini come regista; il condizionale è d'obbligo in quanto non è molto chiaro quale calcolo stia alla base di questa numerazione. L'interprete prescelto per il ruolo da protagonista è, ancora una volta, Marcello Mastroianni da Fellini considerato suo vero e proprio alter ego. Prima dell'inizio delle riprese Fellini ha ospitato l'attore romano a casa sua per circa tre mesi. L'ha fatto dimagrire e gli ha detto di osservarlo in ogni suo movimento. Il processo di assimilazione compiuto da Mastroianni raggiunge risultati eccellenti al punto che anche Rinaldo Geleng rimane meravigliato per quanto l'attore, nonostante le diversità fisiche, sia riuscito ad assomigliare al cineasta riminese in ogni atteggiamento e anche nel modo stesso di esprimersi. La ricerca del resto del cast avviene, come sempre, in modo abbastanza casuale. Spesso il regista ferma delle persone per strada che nota in atteggiamenti particolari, oppure mette annunci eccentrici sui giornali.
Risolto il travaglio interiore e scelta la via autobiografica, tutto diventa più semplice. Le riprese iniziano il 9 maggio 1962 e si concludono nell'ottobre dello stesso anno. Il finale viene girato in settembre. In un primo momento il girotondo che conclude il film viene girato come "prossimamente", ma la scena è riuscita talmente bene che in fase di montaggio si decide di usarla come finale.
Otto e mezzo giunge nelle sale cinematografiche il 15 febbraio del 1963. L'importanza del nuovo lavoro felliniano è evidente a tutti fin dal primo momento e in questo senso vanno anche i giudizi della stampa. A differenza delle due pellicole precedenti, non viene, inoltre, imbastita alcuna campagna moralista e anche la Chiesa Cattolica non oppone nessun tipo di pregiudizio al nuovo capolavoro di Fellini che viene comunque classificato dal CCC come un film per “adulti con riserva”con la motivazione che manca nel film "una prospettiva integralmente cristiana" oltre che "la presentazione unilaterale e ingiusta di una Chiesa archeologica assente nel mondo moderno".
Tuttavia si assiste al solito balletto dei distinguo che mirano a sminuire l'importanza di Otto e mezzo. La realizzazione del film "appare globalmente disomogenea, tanto scaltramente orchestrata". Le osservazioni mosse all'opera sono innumerevoli al punto che conviene citarle in ordine sparso. Per Visentini il film "resta uno spettacolo esteriore e freddo"; per Bruno i simboli sono "troppo elementari" e a Fellini è mancata "la visione storica dell'assieme". Il parere di Pio Baldelli è che il film non riesce a dare "l'allegoria del nostro tempo" in quanto il regista, limitando la sua analisi al mondo del cinema, non parla degli "altri, i prossimi e i lontani coinvolti in qualche modo". Durissima è la presa di posizione della rivista Cinema60, nata nel luglio del 1960 sull'onda del successo internazionale della "nouvelle vague" francese, attraverso le parole di Lorenzo Quaglietti che definisce Fellini "retrivo" e incapace di uscire "dall'ambito di una del tutto personale, privata e [..] nemmeno sincera meditazione sulla natura umana". Insomma, il concetto essenziale resta forse quello espresso da Aristarco che, pur non negando la validità della pellicola, ritiene che "Otto e mezzo rappresenta l'evasione dal mondo adulto e il ritorno al facile mito della fanciullezza. A quella che possiamo chiamare una democrazia sentimentale".
10.2.2 Da oltrecortina un applauso di 20 minuti
Il trionfo viene raggiunto al Festival di Mosca dove il film viene presentato in concorso il 18 luglio del 1963. L'attesa è enorme e alla conclusione il pubblico esprime la propria approvazione con un applauso che dura oltre 20 minuti e che resta per Fellini una esperienza indimenticabile e commovente, tanto da essere ricordata dal regista come l'unico momento di grande emozione da lui provato ad una proiezione di un suo film. Il trionfo di Otto e mezzo coglie di sorpresa la stampa ufficiale sovietica che reagisce definendo il film come "un'opera lontana dalla vita del popolo". Cominciano anche le manovre per escludere il capolavoro italiano dai premi, ma la giuria, con una forzatura dei giurati occidentali che minacciano le dimissioni, le sventa e decreta il primo premio per la pellicola di Fellini. A suggellare il successo, giunge poi anche il terzo Oscar, oltre ad una infinita serie di riconoscimenti provenienti da tutto il mondo.
Sul territorio nazionale l'incasso è soddisfacente (755 milioni e nono posto stagionale) considerando che Otto e mezzo è un film piuttosto difficile e che il pubblico non sempre lo capisce, come a Cosenza dove degli spettatori aggrediscono il proprietario del cinema, dove lo si proiettava, pretendendo il rimborso del biglietto.
L'opera di Fellini resta tra le più importanti della storia del cinema, questa valenza viene confermata dalle innumerevoli pellicole che si ispirano a quella felliniana. L'elenco, lunghissimo, comprende film come Alex in Wonderland (Il mondo di Alex, 1970) di Paul Mazurski, La nuit americaine (Effetto notte, 1973) di François Truffaut, All that jazz (1983) di Bob Fosse, Stardust memories (1980) di Woody Allen e La pelicula del Rey (1986) dell'argentino Carlos Sorin.
Otto e mezzo resta tappa fondamentale della carriera di Fellini anche perché da questo film in poi inizia un periodo in cui, stimolato dagli incontri con degli psicanalisti di scuola junghiana e dalle letture dello stesso Jung, la psicanalisi diventa elemento essenziale per una maggiore comprensione delle sue opere, unitamente all’esoterismo che cominciava a dilagare come moda nell'Italia degli anni sessanta.
10.2.3 Verso l'eclisse
Il 1963 è anche l'anno in cui debutta nella regia con I basilischi Lina Wertmuller. La regista ricorda quel momento come l'ultimo fecondo per il cinema italiano. "In quel periodo - aggiunge - esordivano due o tre bravi registi all'anno. Dopo di allora si è ammalato il rapporto tra pubblico e cinema italiano per una serie di motivi. Certamente c'entra la TV, la potenza americana, ma c'entra anche la scarsa preparazione delle nuove generazioni e un eccesso di politicizzazione." Il numero dei biglietti venduti sta infatti calando sempre più dopo il vertice toccato nel 1955 con oltre 819 mila unità. Fino al '62, tuttavia, il calo è molto contenuto (728.572); dall'anno successivo ha invece inizio la vera e propria crisi con appena 697.480 tagliandi strappati. Nel 1968 i biglietti venduti sono solo 559.933, nel 1978 318.609, dall'88 in poi si scende sotto i centomila.
Una crisi, come si vede, sempre più grave che coinvolge anche Fellini che dopo Giulietta degli spiriti (1965) vive il suo momento più difficile nella ricerca di se stesso e nel confronto con la morte che la realizzazione de Il viaggio di G. Mastorna (1967), film mai concluso in seguito ad oscure premonizioni e ad una seria malattia, gli pone davanti. Una crisi più generale di una società che dopo aver vissuto l'euforia della (presunta) ricchezza, si ritrova senza più certezze o punti di riferimento a cui rivolgersi
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