Dossier:

Federico Fellini: Oltre l'estetica neorealista a cura di Giovanni Scolari

Otto e mezzo (1963)
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10.3 La fine dei sogni

10.3.1 Il varo del centrosinistra

Nel febbraio 1962, dopo mesi di estenuanti trattative, si raggiunge un accordo che permette a Fanfani di varare un governo tripartito formato da DC, PSDI e PRI che ottiene l'astensione dei socialisti. La politica di avvicinamento al centro sinistra organico non subisce più rallentamenti, anche se Moro, eletto segretario della DC, offre come consolazione alla destra del partito l'elezione di Segni alla Presidenza della Repubblica. Segni viene infatti eletto con i voti determinanti di missini e monarchici e con l'opposizione delle sinistre. Il progetto è chiaro: Segni, che non vede di buon occhio l'accordo con i socialisti, funge da contrappeso e da garanzia ad uno sbilanciamento eccessivo verso sinistra. In effetti lo stesso Fanfani e i successivi governi che vedono l'apporto diretto del PSI annacquano notevolmente le riforme tanto sbandierate al momento del loro insediamento.
Questa forma di governo è resa possibile anche dalla conversione al centrosinistra di alcuni grandi gruppi privati industriali come Fiat, Pirelli e Olivetti. Due sono gli aspetti che li spingono in questa direzione: la programmazione economica nazionale che sembra favorire la crescita dei loro settori e la presenza socialista che si ritiene capace di ridurre la tensione che aleggia nelle fabbriche del nord. Anzi Valletta stesso raccomanda al presidente USA Kennedy, in visita in Italia nel maggio '62, di fornire aiuto economico ai socialisti solo attraverso la DC in modo che quest'ultima possa usare il denaro come un'arma efficace di ricatto.
Il governo Fanfani riesce dunque ad ottenere la fiducia, ma Nenni, nel discorso alle camere, chiarisce che l'astensione dei socialisti è condizionata dalla attuazione di tre riforme prima delle elezioni del '63. Il PSI chiede la nazionalizzazione dell'industria elettrica, la scuola media unica e la creazione delle regioni.
Se la scuola media unica viene varata come da programma mentre le regioni restano lettera morta, più complessa è la questione della nazionalizzazione della industria elettrica.
Il vero scontro avviene sulla forma di indennizzo che bisogna versare. Il governatore della Banca d'Italia Guido Carli preme affinché il rimborso venga pagato direttamente alle vecchie aziende che così avrebbero la possibilità di reinvestire il denaro nell'industria. Riccardo Lombardi, importante esponente socialista presente nel comitato ristretto che si è occupato della nazionalizzazione,  sostiene che l'indennizzo deve essere corrisposto dopo un certo numero di anni alle migliaia di azionisti. Dopo quattro giorni di discussione vince la linea propugnata da Carli.
La nazionalizzazione dell'industria elettrica, nonostante la forte politica di investimento degli anni successivi, manca l'obiettivo per cui era sostanzialmente nata: ridurre i costi per il contribuente. Inoltre la linea sposata da Carli non ha prodotto gli effetti sperati in quanto "l'indennizzo delle società nazionalizzate è stato molto (troppo) generoso: ma le rate di questo indennizzo, mentre hanno appesantito fortemente il mercato delle obbligazioni, non sono state che in misura modesta indirizzate verso investimenti produttivi; in larga misura hanno finanziato investimenti di tipo speculativo, nel settore immobiliare e in quello della distribuzione."
Si va dunque alle elezioni con la chiara prospettiva dell'ingresso nei ministeri dei socialisti. Questo influisce sull'elettorato che, pur conferendo la maggioranza assoluta al centro sinistra, punisce pesantemente le principali forze di maggioranza. E' la DC che paga il conto più salato perdendo il 4,1 per cento assestandosi così al 38,3% dei consensi. Anche il PSI subisce una flessione che lo porta al 13,8%. Aumentano sensibilmente i socialdemocratici (+1,5), mentre i repubblicani mantengono inalterata la loro percentuale di voti. Si rafforza notevolmente il PLI (+3,5) che, rigettando in toto l'accordo con i socialisti, raccoglie i voti dell'elettorato più reazionario fuggito dalla Democrazia Cristiana.

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