Dossier:

L'angelo e lo specchio a cura di Enrico Castronovo

Il mito di Orfeo nel cinema di Jean Cocteau
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La morte, la statua, l'angelo: l'identità orfica

L’atto di autolesionismo fa parte della linea di condotta ideale del poeta, nella misura in cui le piaghe sono, come lo specchio (e come lo specchio “false”), la porta che bisogna varcare per scendere all’interno di se stessi, seguendo la metafora corrente del minatore, per operare l’introspezione che mette in contatto con la notte interiore che ciascuno porta dentro di sé. Infine, in una parossistica identificazione cristica, la corona di alloro diventa il correlativo della corona di spine:

Muses dans vos sombres usines
Savais-je que vous me feriez
Une couronne de lauriers
Plus féroces que des épines.

Questa analogia ricorrente fra il sangue e l’inchiostro giustifica e prelude all’abbondanza di sangue nel film intitolato, appunto, Le Sang d’un poète. Il sangue è mostrato a più riprese non per soddisfare un certo gusto per lo splatter, ma perché esso è, nel sistema simbolico che abbiamo cercato di ricostruire, la rappresentazione dell’ultimo stadio della creazione poetica, il compimento della missione dell’angelo. Trova giustificazione il frequente riferimento al parto, cui accennavamo sopra. A riprova di questa tesi citiamo un passaggio del Journal d’un inconnu:

Le prestige du sang qui coule est étrange. On dirait qu’une lave de notre feu central cherche à s’y reconnaître. La vue du sang me dégoûte. N’empêche que j’ai intitulé un film Le Sang d’un poète, que j’y montre le sang à plusieurs reprises, et que le thème d’Œdipe, auquel j’ai eu maintes fois recours, est drapé de sang.
On dirait que nous nous vengeons des défenses de l’invisible en cherchant à surprendre les sources rouges qui bouillonnent dans son domaine.

A questo punto possiamo concludere ribadendo i principi che informano lo statuto del poeta orfico, così per come è interpretato da Cocteau. Il poeta orfico è irrimediabilmente attratto dal soprannaturale, da quell’aldilà che riconosce come sede primordiale della poesia. Per questo la sua Musa è la Morte, spesso e volentieri raffigurata come una statua. Essa si avvicina al poeta attraversando le porte del sogno, rappresentate nei film dallo specchio, oppure inviando verso di lui l’Angelo, che possiamo immaginare alle sue dipendenze, e che ha il ruolo di tirare fuori la poesia dalla notte interiore dell’artista. L’annunciazione dell’angelo e la nascita della poesia avvengono in maniera dolorosa, poiché “le poète doit mourir plusieurs fois pour naître”.

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