7.3.2 Il "sacco d'Italia"
E' questo, infatti, il periodo del cosiddetto "sacco di Roma". Durante il grande boom edilizio, durato dal '53 al '63, i grandi proprietari immobiliari, tra cui il Vaticano, si gettarono in una vorace speculazione edilizia con la complicità delle amministrazioni comunali. Ogni zona della capitale fu invasa dal cemento al punto che, ancora nel 1970, una casa su sei è abusiva. Un'inchiesta del settimanale L'Espresso pubblica una inchiesta dal titolo Capitale corrotta: nazione infetta. All'interno dell'articolo viene descritto l'Assessorato all'edilizia romano come un luogo dove "I funzionari sono quasi sempre fuori; al loro posto, lavorano privati cittadini che sono entrati per vedere a che punto stanno le loro pratiche [...] e fanno come se fossero in casa loro".
La speculazione edilizia non riguardava, d'altro canto, solo la capitale. E' questo il risultato di precise scelte politiche; il governo lascia la massima libertà agli imprenditori edili non volendo mettere mano ad alcun provvedimento per la tutela del territorio. Le case crescono rapidamente: dalle 73.400 edificate nel 1950 si passa alle 273.500 del 1957 e alle 450.000 del 1964.
Il paesaggio urbano che Fellini mostra nelle sue opere è oltremodo esemplificativo. Da La strada in avanti la periferia di Roma è identificata con i casermoni costruiti in mezzo al deserto: non ci sono, infatti, strade asfaltate; mancano totalmente le opere elementari di urbanizzazione; spesso, come ne La dolce vita, le fognature, che non sono ovviamente collegate ad alcuna rete fognaria regolare, di questi appartamenti si intasavano provocando immensi disagi.
L'alternativa, però, non era certo migliore; la vita nella baraccopoli certo era molto più disagiata. Di fronte alla evidente immobilità delle istituzioni, il cittadino non può fare altro che accettare queste condizioni. Il desiderio di avere una casa di proprietà è fortissimo e l'aumentato tenore di vita che rende possibile questo sogno a molte persone, fa il gioco degli speculatori.
Se il migliorato livello dell'economia italiana consente alla popolazione di cullarsi in qualche illusione, il sistema politico, invece, offre solo segnali allarmanti. La legislatura che si sta per concludere è stata caratterizzata dalla palese debolezza dell'esecutivo. La formula del centrismo sembra non essere più sufficiente per garantire la stabilità politica e si rende necessaria la costruzione di una nuova alleanza.
La Democrazia cristiana si trova impossibilitata ad agire, divisa com'è tra chi preferirebbe orientarsi a destra, conglobando nel governo monarchici e missini, e chi prediligerebbe uno sbocco a sinistra verso quel Partito Socialista che, seppure ancora rigidamente marxista, ha fornito garanzie della sua democraticità con la ferma reazione all'invasione sovietica in Ungheria. Nell'incertezza, la DC si tiene ancorata al centro e affronta le elezioni del 1958 con qualche timore. Le urne premiano ancora la coalizione di centro. I partiti al governo aumentano la loro percentuale così come si rafforzano i socialisti mentre il PCI si mantiene al livello della precedente tornata elettorale. Calano sensibilmente le destre. Gli elettori sembrano così dare ragione a chi vuole un governo di centro sinistra e, sia pure molto faticosamente, in questo senso si comincia a lavorare. La terza legislatura si dovrebbe, visto i risultati del voto, configurare come di tutta tranquillità. Invece si presenta subito nel segno dell'incertezza.
Una delle conseguenze dell'urbanizzazione massiccia dell'Italia è il drammatico declino della religiosità. E' probabile che negli ambienti ecclesiastici si avvertisse chiaramente la situazione ed è prevedibile che tutto ciò comportasse una reazione furiosa contro tutte le forme di "deviazione" dal sentimento religioso. Tra queste non poteva non esserci il cinema e Fellini con La dolce vita entra involontariamente in questa "guerra di posizione
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