Dossier:

Federico Fellini: Oltre l'estetica neorealista a cura di Giovanni Scolari

La dolce vita (1960)
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8.3.2 Tra incertezze e speranze

Nel momento di massima forza economica è riscontrabile, invece, una situazione   di estrema tensione a livello istituzionale. Mentre il mondo respira aria nuova con lo straordinario papato di Giovanni XXIII e l'avvento di John Kennedy alla presidenza degli Stati Uniti insieme alla politica più umana, anche se con molte cadute, di Krusciov, l'Italia non riesce a trovare un governo stabile. Papa Giovanni non svolge, come il suo predecessore, una politica sotterranea per impedire l'avvicinamento tra socialisti e democristiani anche se non la favorisce. Il percorso che porta al centro sinistra è però notevolmente tormentato.
Il tentativo di inizio legislatura (1958) di resuscitare il quadripartito fallisce miseramente. In attesa di trovare alleanze più stabili viene varato un debolissimo governo monocolore presieduto da Antonio Segni.
Restando l'indisponibilità da parte del PRI e del PSDI che promuovono l'accordo con il Partito Socialista, in parte della DC si fa largo l'idea di formare un esecutivo con le destre coinvolgendo il MSI e i Monarchici. Questa ipotesi viene rafforzata dalla caduta del governo guidato da  Amintore Fanfani nel gennaio '59 che subito dopo si dimette anche dalla carica di segretario della DC. Era proprio Fanfani, infatti, ad insistere per l'apertura ai socialisti e la sua forzatura non piaceva ai maggiorenti del partito che temevano le reazioni degli imprenditori e della gerarchia ecclesiastica. Il congresso elegge nuovo segretario Aldo Moro che inizia una politica prudente che congela, momentaneamente, ogni possibile svolta clamorosa.
Si arriva così alla primavera del 1960 quando, all'ennesima crisi di governo, il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi nomina Fernando Tambroni, suo protetto ed esponente di secondo piano della DC, Presidente del Consiglio. Tambroni si presenta alle camere con un monocolore ancora più debole dei precedenti. Le destre intuiscono la possibilità di rientrare in gioco e appoggiano il governo risultando determinanti per ottenere la fiducia alla Camera dei Deputati. Il voto delle destre costringe Tambroni a rassegnare le dimissioni, ma Gronchi, forse influenzato dai successi ottenuti nello stesso periodo da De Gaulle in Francia, decide di forzare la mano riproponendo lo stesso esecutivo con lievi modifiche. Tambroni riesce ad ottenere una sia pur risicata fiducia. Ancora una volta essenziale è l'apporto del MSI che, dopo pochi mesi, presenta il conto al Presidente del Consiglio chiedendo, e ottenendo, il permesso di tenere il proprio congresso a Genova, città medaglia d'oro della resistenza.
La decisione provoca una reazione delle forze antifasciste che scendono in piazza con "una determinazione e una violenza tale da sconfinare quasi in rivolta." Dal capoluogo ligure la contestazione si estende a tutta Italia. Gli scontri con la polizia si susseguono e provocano una decina di morti.
Nel frattempo in Parlamento si assiste ad un durissimo scontro che vede in prima fila i partiti della sinistra con una parte della DC che plaude silenziosamente. Tambroni, senza maggioranza alcuna, è costretto a dimettersi e lascia il posto al redivivo Fanfani che riesce a formare un governo centrista con una variante significativa: l'astensione del PSI. Di fatto l'accordo pone le fondamenta per un esecutivo di centro - sinistra.
L'accordo tra socialisti e democristiani era visto come una iattura da una buona fetta dell'opinione pubblica, come dimostrano i risultati elettorali del 1963. Molta preoccupazione in tal senso mostra la chiesa cattolica che non accetta l'idea di una collaborazione con un partito di ispirazione marxista. L'elezione di Angelo Roncalli al soglio pontificio non apporta inizialmente grosse modifiche, Giovanni XXIII si muove infatti con prudenza. Nel febbraio del '59 il cardinale Ottaviani si esprime duramente contro Fanfani e nel maggio del '60 giunge dalle colonne dell'Osservatore Romano una condanna esplicita della apertura ai socialisti. Qualcosa si sta però muovendo come dimostrerà l'enciclica Pacem in terris dove si giungealla famosa distinzione tra l'errore e l'errante. Rimane, certo, la condanna del marxismo come dottrina filosofica, ma poichè le dottrine restano ed i movimenti che ne derivano possono mutare sensibilmente, "il pericolo di dialogare con l'errore non sussisterebbe più". Una affermazione di principio di questo tipo non poteva non essere che un, sia pur velato, assenso alla politica del centro-sinistra.
La svolta operata da Giovanni  XXIII giunge ovviamente troppo tardi per evitare le strumentali polemiche contro La dolce vita. Certo è che nel 1963 tutto quello che si era detto contro l'opera felliniana veniva a cadere di fronte ai vasti consensi raccolti dal film in tutto il mondo e dal successo economico ottenuto dalla pellicola, soprattutto in Italia, dove era stato il primo incasso della stagione 1960/61. L'arretramento dell'influenza del mondo ecclesiastico era cosa evidente agli occhi di tutti come evidente era che un nuovo senso morale fosse patrimonio comune della maggioranza della popolazione.
Tutto questo è però colto da un uomo ispirato quale era Giovanni XXIII che capisce come sia giunto il momento per la Chiesa Cattolica Romana di dare nuova vitalità al proprio apostolato. E' proprio lui, quindi, eletto al soglio pontificio come pontefice di transizione, data la sua età (77 anni), che cambia le sorti della chiesa annunciando con grande sorpresa al Sacro Collegio dei Cardinali il 25 gennaio del 1959 la sua intenzione di celebrare un Concilio Ecumenico per la Chiesa Universale.
L'Italia del 1960 è anche rappresentata dal più grande avvenimento sportivo mai celebratosi sul suolo della nazione: le Olimpiadi di Roma. Per qualche mese gli eroi dello sport si sostituiscono a quelli della celluloide e i problemi politici passano in secondo piano. Tutto il paese si inebria delle vittorie azzurre anche se il ricordo più bello è probabilmente legato alle gesta  di Livio Berruti che trionfa sui 200 metri piani nello stadio Olimpico mentre uno stormo di colombe, quasi a simboleggiare le speranze degli italiani, si librano in volo.

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