Dossier:

Federico Fellini: Oltre l'estetica neorealista a cura di Giovanni Scolari

La dolce vita (1960)
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8.4    Qualcosa di totalmente nuovo

8.4.1 Pioggia di miliardi

Il 1960 non è solo una data simbolica in cui situare per comodità il miracolo economico. In questo anno si verificano diversi episodi che influenzano profondamente la storia del costume italiano. Questo non dipende ovviamente dalla Dolce vita anche se, direttamente o indirettamente, molta parte della vita sociale del paese viene toccata dalle polemiche e dalle discussioni relative al film. A fianco e a sfavore di Fellini si ritrovano, infatti, personaggi appartenenti a tutti gli schieramenti politici e di ogni ceto sociale. Con un ribaltamento di 180 gradi, tolte le dovute eccezioni, chi si batteva a favore di Fellini contro la cultura di sinistra ai tempi de Le notti di Cabiria si ritrova a deprecare il cineasta riminese additandolo come uno dei responsabili della diffusione del male. Chi, invece, usava toni duri verso di lui per il suo meschino misticismo e perché non sufficientemente realista, ora lo difende in nome della libertà dell'artista.
Queste polemiche servono poi, di fatto, solo allo sfruttamento commerciale della pellicola. Le ridicole accuse di pornografia mosse dai moralisti non fanno altro che il gioco del regista attirando al cinema migliaia di curiosi che fanno incassare a La dolce vita una cifra che, rivalutata al 1993, supera i 113 miliardi. Un caso analogo può avere determinato gli ottimi risultati di un altro film che ha provocato discussioni: Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti. Il film di Visconti subisce, infatti, per opera della censura una serie di tagli. E' tuttavia significativo come, intorno al 1960, i maggiori  registi  italiani escano con alcune tra le opere più importanti del cinema italiano ed è singolare come mentre Fellini, Visconti e non dimentichiamoci Antonioni mostrano nuove vie attraverso cui il cinema può espandersi, Rossellini e De Sica sono entrambi coinvolti, nel peraltro ottimo, Generale Della Rovere. Gli straordinari incassi registrati da La dolce vita non possono giustificarsi solo con l'impressionante e involontario battage pubblicitario. I discreti risultati di altri film  d'autore potrebbero, invece, essere il risultato di una identificazione assoluta tra intellettuali e pubblico. Nel momento in cui si è inebriati dal successo economico e dal benessere raggiunto, questi registi individuano chiaramente i mali sotterranei, le inquietudini, le ansie che gli italiani avvertono esserci.

8.4.2    Il potere dal volto umano

La speranza di un avvenire migliore è destinato a svanire rapidamente. Gli anni sessanta che si annunciavano straordinari iniziano sotto il segno degli scontri di piazza, dal risvegliarsi delle lotte sindacali, dall'angosciante lavoro sotterraneo dei servizi segreti in collegamento con settori reazionari della nazione. Le speranze suscitate da Papa Giovanni XXIII e da John Kennedy sono seppellite con loro e i due personaggi rimangono impressi nella memoria collettiva degli italiani fino al punto di essere rappresentati insieme, unitamente a Robert Kennedy ucciso nel 1968, in souvenir di tutti i generi e tipo. Tutto ciò appare ancora più evidente se si considera che uno di questi oggetti figura addirittura sulla credenza della casa dei fratelli Roncalli.
I due personaggi svolgono il loro compito circondati da un affetto inusuale in quanto entrambi rappresentano il volto umano del potere.  La loro morte coincide con il ritorno alla realtà, il miracolo economico si esaurisce senza che dalle forze politiche giungano segnali confortanti.
Una nuova morale è comunque delineata. O una amoralità come risultato dello straniamento culturale provocato dalle borgate così luminosamente espresse da Visconti, ma che hanno il loro cantore più lucido in Pasolini. O ancora l'immoralità voluta, cercata dai protagonisti della Dolce vita sprofondati nella loro ricchezza e nella loro disperazione.
Il comune senso del pudore ne esce sconvolto e irrimediabilmente sconfitto, per la censura da ora in poi è solo un limitare i danni.
Nella Dolce vita si parla e si mostra esplicitamente di libero amore, adulterio, droga, omosessualità, alcoolismo, fanatismo religioso e di tutto quello che fino ad allora era assoluto tabù. Nulla e nessuno viene risparmiato: non la chiesa, non il cinema, non la borghesia, né il proletariato. Niente appare positivo, neppure gli intellettuali sono esenti da abomini quali sono l'omicidio e il suicidio compiuti da Steiner: una cattedrale gotica così alta da non poter sentire nessuno.
Eppure, in questo sfacelo, dalla miseria di questo sconfortante quadro della società italiana emerge e resta un sorriso, simbolo della purezza da cui Marcello si allontana senza poterne comprendere il significato.

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