Dossier:

Federico Fellini: Oltre l'estetica neorealista a cura di Giovanni Scolari

Lo sceicco bianco (1952)
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3.2 "La patetica menzogna"

3.2.1 Un gradito omaggio

L'insuccesso della prima esperienza registica non ha scoraggiato Fellini che, sia pure in modo confuso, avverte che ha trovato la strada che gli permetterà di realizzarsi. L'occasione del debutto gli giunge attraverso un soggetto che Michelangelo Antonioni aveva scritto nel 1949 subito dopo aver girato il documentario L'amorosa menzogna. In questa opera Antonioni, attratto dall'enorme diffusione dei fotoromanzi, cerca di comprendere i motivi di questo successo seguendo le vite dei divi di questi periodici. Vengono perciò mostrate le riprese del fumetto e le scene di ingenuo fanatismo dei fan, mostrando infine la solitudine dei lettori che comprano i giornaletti alle edicole ai margini della città.  Il soggetto, dopo la rinuncia di Antonioni, passa nelle mani di Lattuada che, successivamente, lo abbandona. Infine il produttore Luigi Rovere, convinto delle possibilità dell'artista romagnolo, gli affida il lavoro.
Interessato dal fenomeno che lo divertiva e assomigliava, sotto molti aspetti, ai suoi tanto amati fumetti, Fellini comincia a lavorare con Pinelli alla sceneggiatura a cui collaborerà in ultima istanza anche Ennio Flaiano. Il sodalizio con Flaiano rappresenta un imprevisto anello di congiunzione con i gruppi di intellettuali dei caffè di via Veneto dove lo scrittore di Tempo di uccidere era venerato come un maestro e sarà di enorme importanza per alcuni dei film successivi.
Il serioso soggetto di Antonioni non piace a Fellini e Pinelli, suo sceneggiatore di fiducia durante il periodo esaminato, che lo stravolgono totalmente riportandolo a tematiche a loro più familiari e ad un tono divertito e ironico che satireggia i miti e i sentimenti abusati dai fumetti.
L'esordio dietro la macchina da presa rappresenta per l'autore romagnolo il primo atto ufficiale di distacco dal neorealismo nonostante questi con Pinelli avesse rappresentato uno degli elementi di punta di questa scuola. La presunta oggettività dello sguardo del regista viene a cadere fin dalle prime inquadrature. L'arrivo e il primo viaggio in capitale dei due sposini ci mostrano una Roma magica, ma anche spaventosa per delle persone che mai, prima di allora, avevano viaggiato al di fuori del proprio paesino. Non è azzardato affermare che in questa scena Fellini ha riversato le sensazioni da lui  stesso provate il giorno del suo arrivo nella città laziale. Nella sua fantasia di adolescente Roma era infatti il mito per eccellenza; in tutti i  film in cui ha ricostruito la sua gioventù essa rimane il luogo da raggiungere,  "caput mundi" come dice Ivan al suo arrivo nella capitale. Il mondo del fotoromanzo è così l'occasione per esplorare i sogni e le illusioni che popolano Roma, e conseguentemente l'Italia, di indagare se stesso e gli "altri".

3.2.2 Sani, giovani e belli in un mondo fiorito

Il fotoromanzo nasce come fenomeno popolare solo nel 1946 con la pubblicazione, nel giugno di quell'anno, del primo numero di Grand Hotel. L'impostazione del giornale si richiama  in qualche modo alla formula, già sperimentata un decennio prima, del cineromanzo. Nel 1936, infatti, la Edital (Edizioni Italiane di Milano) aveva lanciato una collana di cineromanzi intitolata Cinevita in cui venivano mostrati alcuni fotogrammi dei film di maggiore successo con delle didascalie che ne riassumevano la trama. La scelta ricadeva normalmente su pellicole sentimentali, ma spesso accadeva che film di altro genere venissero "adattati" in modo più o meno ortodosso alle aspettative del lettore.
All'indomani dell'apparizione sul mercato editoriale di Grand Hotel, il cineromanzo ritorna ufficialmente in vita con Bolero Film. Due sono quindi le direzioni in cui si muovono le case editrici, direzioni parallele ma che avranno sorti diverse. Il cineromanzo vive, infatti, il suo momento di gloria fino a metà degli anni '50 a differenza del fotoromanzo che, sia pure senza toccare più le tirature di quel periodo, continuerà a sopravvivere.
Una breve storia dell'evoluzione del fotoromanzo ci può aiutare ad inquadrare meglio il fenomeno. Come abbiamo detto, il primo periodico è Grand Hotel. Già nel primo numero è evidente il progetto editoriale. La copertina mostra, e mostrerà anche successivamente, una coppia di giovani belli, sani e sorridenti che vivono la loro storia d'amore in un mondo fiorito ed elegante. Siamo, ricordiamolo, nel 1946, in una situazione economica a dir poco deficitaria. Dentro la rivista, oltre ad alcuni fumetti (le fotografie arriveranno solo dopo), si possono leggere delle rubriche in cui le lettrici  chiedevano consigli per la loro vita affettiva e sociale o nelle quali venivano ricostruiti fatti più o meno accaduti. In una di queste un certo Francis si spacciava per uno scrittore che aveva amato, goduto e vissuto, proponendosi come interlocutore ideale per la risoluzione di problemi amorosi, ma non solo. Eccolo spiegare, fin dai primi numeri, come liberarsi di un capo ufficio troppo insistente o rassicurare una giovane circa i gusti degli uomini a proposito del colore dei capelli delle donne, o ancora risolvere i dubbi di casalinghe desiderose di sapere se era lecito radersi le ascelle. In un altra sezione, invece, una donna dal terrificante pseudonimo di "Wanda Bontà" si presentava come colei che avrebbe saputo rispondere alle esigenze delle donne bisognose di essere illuminate e aiutate.
Le prime riviste propongono, come già detto, dei fumetti. Solo dopo l'uscita di Bolero Film l'editoria si apre al fotoromanzo così come lo conosciamo oggi. Ed è proprio il fenomeno del cineromanzo ad interessare maggiormente la nostra ricerca.


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