Dossier:

L'angelo e lo specchio a cura di Enrico Castronovo

Il mito di Orfeo nel cinema di Jean Cocteau
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Jean Cocteau e il cinematografo

Cocteau ripete qua e là la sua ammirazione e la sua stima, e spesso il suo affetto, per i tecnici con cui ha avuto l’occasione di lavorare, individui che sono stati capaci, grazie a quella competenza tecnica di cui il regista, per propria scelta, difettava, di dare corpo e vita ai sogni di un poeta. Il lavoro di squadra è stato in effetti uno dei grandi pregi che Cocteau ha riconosciuto nell’attività registica: per ogni film, il set diventava per lui e sotto il suo fascino una grande famiglia, un gruppo di persone che lavorano fianco a fianco, unite nel conseguimento di un identico scopo. Anche per questo il termine delle riprese è sempre stato vissuto da Cocteau come una dolorosa separazione.
La collaborazione con i tecnici e l’instaurarsi di un clima conviviale sono uno degli aspetti positivi di un’arte che è d’altro canto insidiata nel suo statuto da una certa tendenza a divenire fabbrica e impresa commerciale, tendenza che Cocteau non cessa di biasimare ripetutamente.

Le principal danger qui menace le cinématographe […], c’est le prix qu’il coûte et la crainte du risque à laquelle nous oblige la mise de fonds de producteurs.
Cela prive le cinématographe de ces contrastes, de ces recherches, de ces audaces, de ces échecs merveilleux, qui permettent à l’art de vaincre l’inerte et de rompre avec les habitudes qui sont toujours néfastes.

La mancanza di fiducia da parte dei distributori nei confronti degli artisti inficia la possibilità di un effettivo progresso nella sperimentazione artistica e, cosa ancora più grave, inibisce l’utilizzo della macchina da presa da parte dei giovani:

Le cinéma est devenu un art fermé à la jeunesse et un art fermé à la jeunesse n’est pas un art. La poésie a commencé par de petits tirages, le cinéma est obligé de commencer par de gros tirages : il n’y a pas de place chez lui pour un Rimbaud.

La responsabilità dell’allontanamento dei giovani dal cinema ricade dunque sull’elevatezza dei costi di produzione, ma se i produttori non accettano le sfide è a causa della resistenza del pubblico. Un pubblico che generalmente va al cinema pieno di pregiudizi intellettuali ed animato da una volontà critica difficilmente conciliabile con l’idea di ipnosi collettiva tanto cara a Cocteau. Un film deve piacere indiscriminatamente e subito, il cinema è un’arte che non ammette l’attesa:

il lui est impossible d’attendre alors que toutes les autres muses attendent et devraient être peintes ou sculptées dans l’attitude de l’attente.

Anche se, a detta dello stesso Cocteau, un film invecchia molto meglio di un libro o di un quadro, il gusto del pubblico, e soprattutto la sua impazienza, costringono i produttori a finanziare solamente film di sicuro successo. E per avere successo, un film deve inscriversi in una tradizione generalmente accettata, in maniera tale che i critici, ancora più “bigotti” del pubblico stesso, possano inserirlo in un contesto prefissato senza affaticarsi troppo (e traspare in certi passi una certa avversione da parte di Cocteau nei confronti della corrente del realismo poetico alla Carné). Ma, sul finire degli anni Cinquanta, le cose sembrano essere in procinto di cambiare:

J’ai foi en ce public de jeunes formé par les cinémathèques, qui a faim et soif d’œuvres originales. Je fais confiance au public populaire, anti-poétique, anti-intellectuel, mais sensible à la poésie pure, à l’opposé de ce parterre de « générales » qui tue le cinéma par le conformisme du snobisme.

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