Dossier:

L'angelo e lo specchio a cura di Enrico Castronovo

Il mito di Orfeo nel cinema di Jean Cocteau
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Jean Cocteau e il cinematografo

Ecco che il riferimento al cinema si inserisce in un momento doppiamente importante della riflessione di Cocteau : la questione della velocità da un lato e, dall’altro, quella dell’invisibilità (anche questa ampiamente investigata nel Journal d’un inconnu). La fiducia accordata qui al medium filmico sarà largamente ricompensata, se è vero che Cocteau ha sempre affermato di essere riuscito con i suoi film a rendere reale l’irreale, ovvero a mostrare l’invisibile, appunto. Non sfugga inoltre il riferimento ai documentari della scuola di Painlevé, che sarà ripetuto in altri passi che tralasciamo di citare in questa sede.
Il secondo punto su cui vogliamo attirare l’attenzione è un commento, aggiunto dopo la prima stesura del libro, sui due primi film di Buñuel. A proposito di Un chien andalou:

Le voilà, le style de l’âme. Hollywood devenait un garage de luxe et ses films des marques d’autos de plus en plus belles. Avec Chien andalou, on se retrouve à bicyclette.

Ancora prima di sperimentare direttamente i problemi posti dal costo finanziario di una produzione cinematografica, Cocteau deplora la tendenza del cinema a diventare un’industria prima ancora di essersi affermato definitivamente come arte, tendenza tanto più nefanda in quanto inibisce l’utilizzo della macchina da presa da parte di chi si trovi escluso dai giri di produzione. L’ammirazione per Buñuel è per questo motivo ancora più sentita, come sarà sentita la stima per quei giovani autori che, molti anni dopo, troveranno il coraggio di uscire dagli schemi vigenti di produzione e di realizzazione dando vita alla Nouvelle Vague. Poche righe dopo, Cocteau saluta L’Age d’or, film come sappiamo strettamente legato al Sang d’un poète, come “le premier chef-d’œuvre antiplastique”: ulteriore riprova della fede in un cinema “contro”, anti-accademico ed anti-hollywoodiano, un cinema d’immagini e quanto più possibile lontano dagli esempi di “teatro filmato”; insomma, un cinema di poesia.
Ancora a proposito dei rapporti fra cinema e teatro, ci colpisce una dichiarazione che incontriamo più avanti. Dopo avere notato che “l’ancien théâtre d’avant-garde est remplacé par les studios du cinématographe qui détrôna l’ancien boulevard”, stabilendo così che il cinematografo eredita sia le velleità avanguardistiche che l’aspetto popolare della tradizione teatrale francese, Cocteau afferma:

Mort du théâtre par le film parlant, donc renaissance du vrai théâtre.
Ce théâtre qui semblait trop singulier, trop exceptionnel pour vivre, survivra seul parce que rien ne saurait prendre sa place. Toute forme pure est irremplaçable. Irremplaçables les reliefs, les couleurs, le prestige de la chair humaine, le mélange du vrai et du faux.

Senza dilungarci qui sulle concezioni teatrali di Cocteau, possiamo comunque notare che il problema di un conflitto fra cinema (parlato) e teatro non si dà come possibilità; lungi dall’avvicinare pericolosamente i due campi artistici, come temevano molti teorici dell’epoca, l’avvento del sonoro permette invece al teatro di ritrovare la sua vera identità. Non traspare chiaramente da questa riflessione quale sia l’atteggiamento di Cocteau riguardo a questa innovazione tecnica; abbiamo motivo di credere che il sonoro rientrasse per lui fra gli inevitabili progressi tecnici del cinema che aveva preconizzato in quell’articolo del 1923 che abbiamo citato più in alto, e che fosse quindi colto come un ineluttabile fattore di imbastardimento del cinematografo, pur senza inficiarne la validità artistica.
L’ultima citazione da Opium è la più significativa, ma anche a mio vedere la più controversa. Una frase che, da sola, costituisce un intero paragrafo: “Ma prochaine œuvre sera un film”. Si intuisce come per Cocteau fosse ormai impossibile resistere al richiamo di quella che lui ha chiamato decima musa, ed effettivamente a poco più di un anno dalla stesura sul foglio di questa frase, Le Sang d’un poète sarà presentato agli invitati delle riunioni di casa Noailles. Si parla giustamente a questo proposito di affermazione profetica, e noi seguiamo umilmente gli studiosi che hanno utilizzato questo termine. Ma sapendo che alcune note sono state aggiunte alla prima stesura di Opium nel corso dello stesso 1930, ci sembra giusto domandarci se non si tratti in questo caso di una mistificazione da parte della critica oppure, cosa non improbabile, dello stesso Cocteau. Comunque stiano le cose, profezia o annuncio, quella frase è stata scritta da qualcuno che è cosciente di non potersi più sottrarre a lungo al richiamo del cinema, e per il quale ormai il mezzo cinematografico non sarà che un’ulteriore corda all’arco dell’artista.
Mi sembra di avere dimostrato come l’iniziazione di Cocteau al cinema fosse dunque, per così dire, scritta nel suo destino molto prima che essa effettivamente si avverasse. Non solo: se è vero che innumerevoli riferimenti presenti in Opium testimoniano di una ormai incontenibile tensione verso il cinema, possiamo azzardare l’ipotesi che il passaggio alla regia avrebbe avuto luogo indipendentemente dal mecenatismo dei visconti di Noailles e, se non proprio in quello stesso anno, almeno pochissimo tempo dopo.

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